DIALOGARE IN PACE VISIONI

Il rispetto dovuto a chi ha fede

"Le religioni e le sfide del futuro" è il titolo del libro di Vannino Chiti appena pubblicato da Guerini e Associati. Reca come sottotitolo "Per un'etica condivisa fondata sul dialogo". Niente di più appropriato per questa rubrica di TESSERE che si chiama Dialogare in pace. Ne pubblichiamo la prefazione, per gentile concessione dell'autore.
Foto: Flickr.com/Rondine Images

Perché, dopo aver scritto alcuni libri sul tema delle religioni nel nostro tempo e sui rapporti in Italia tra laici di sinistra e cattolici [1], ho sentito il bisogno di ritornare su questi temi?

Non solo per il ruolo centrale che hanno nella mia esperienza di vita. Penso che oggi vi sia più che mai bisogno di un dialogo e che il dialogo, per essere utile, richieda consapevolezza della propria identità, conoscenza e rispetto degli altri, capacità di ascolto, disponibilità se convinti, a cambiare le proprie idee. Il dialogo in questo avvio di nuovo secolo sembra archiviato.

In politica i responsabili dei governi, a partire dal Presidente degli Stati Uniti Trump, parlano via twitter. È una comunicazione per orientare i seguaci, non un confronto. Le apparenze ingannano. Abbiamo più notizie, ci scambiamo più messaggi ma non ci conosciamo: i rapporti umani si impoveriscono e cresce la solitudine.

Ritengo che all’inizio di una nuova epoca della storia umana, densa di potenzialità e rischi, mentre intorno a noi cambia tutto, sia necessario contribuire a realizzare ponti, non abbatterli. Inventare occasioni di confronto, non chiudersi nell’autosufficienza, dar vita, per quello che si può, a un dialogo tra religioni, culture, scienza. Questo è il primo obiettivo del libro, l’orientamento che lo guida.

Perché la mia riflessione si concentra soprattutto sul versante delle religioni? Due sono i motivi principali. Siamo in Occidente, meglio in Europa, e da noi la secolarizzazione per una fase storica non ha comportato solo un giusto spostamento di confini tra religioni e dimensione politico-statuale, ma anche una marginalizzazione dei credi religiosi, ritenuti a lungo residui arcaici, se non superstizioni. Non è così nel resto nel mondo. Ora per me non è obbligatorio avere una fede e meno che mai può essere imposta, ma è interesse della democrazia e della società che chi ha fede non si senta un estraneo, quasi sopportato se non la nasconde nel segreto dell’animo.

La seconda ragione è che di fronte alle sfide che l’umanità deve affrontare, dal trionfo di internet all’ecologia, dalle nuove frontiere della scienza, che avrà il potere di manipolare la vita, ai rischi di distruzione atomica, il contribuito che le religioni possono dare ad un avanzamento della civiltà, mi appare fondamentale. Non intendo sottovalutare l’apporto delle culture, anche di quelle non religiose. Non ha senso definire una gerarchia tra le religioni e le culture impegnate nel costruire un futuro per le persone e il pianeta. L’etica laica ha un grande valore e offre esempi luminosi. Riguarda principalmente singole individualità, il cui apporto è indispensabile. Le religioni orientano le moltitudini e possono indirizzare verso orizzonti di fraternità oppure essere coinvolte in contrapposizioni di civiltà.

Dialogo vuol dire anche sollecitare le religioni perché diano risposte a domande poste loro da tanto tempo: quelle su un’interpretazione non letterale dei testi sacri, sulla liberazione dai miti del messaggio di Dio, sui rapporti con la scienza, sul ruolo della donna e sulla condanna, sempre, della violenza. Questo confronto trova spazio nel primo capitolo.

Il dialogo non si esaurisce attorno a grandi questioni, che a volte ci sembrano passare sopra le nostre teste. Ne incontriamo la possibilità o la rifiutiamo ogni giorno. Nelle scuole, nei luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto, nelle piazze o nei bar, ci sono persone che hanno colore della pelle, fedi religiose, culture diverse dalla nostra. La non conoscenza delle loro radici, tradizioni, dei principi religiosi può suscitare diffidenza, timori, ostilità. Tanto più quando le condizioni di vita di molti peggiorano e i giovani guardano con disincanto al futuro. Forze politiche reazionarie cercano di ampliare le paure per crescere nei consensi elettorali. La convivenza peggiorerà, sarà esposta a tensioni, ritorni di violenza e barbarie, ma questo viene sacrificato al tornaconto immediato di potere. Non prima gli americani, gli italiani o i russi, a seconda di dove si viva: viene prima la logica del proprio partito. Conoscere gli altri, le religioni in cui credono, le culture d’origine è utile per costruire il futuro: dai diversi può venire un contributo per una nuova identità e per un progresso collettivo. Voglio ribadire un punto per me importante: l’analfabetismo culturale, civico, religioso non sono una virtù. Preparano il peggio.

Nel secondo capitolo del libro mi propongo di mettere in luce le problematiche generali, le basi elementari della fede, le differenze rispetto al cristianesimo delle religioni presenti, da lungo tempo o di recente, in Italia. Lo scopo è semplicemente divulgativo. Il mio non è un libro di storia delle religioni o di teologia. Vuole dare un minimo di informazione per favorire l’incontro, la comprensione, il dialogo.

Apriamo le nostre case a donne di altre nazioni, affidiamo loro genitori vecchi, i nostri cari non più autosufficienti e poi consideriamo i migranti non persone, ma numeri, molto più in basso degli animali. Mi auguro che amministratori o quanti intendono dedicare parte della loro vita a un impegno civile e politico, operatori pubblici, giovani, persone sensibili a non far degradare la nostra convivenza, possano trovare nel libro stimoli per approfondire queste tematiche, soprattutto un contributo per affermare nella quotidianità le ragioni del dialogo. Ci sorprende che le grandi questioni di appartenenza religiosa o culturale ci si presentino già in modo concreto nei cibi che si possono mangiare nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nei rapporti tra la preghiera e il lavoro. Si può non tenerne conto, escludere, imporre integrazioni forzate o farne invece un’opportunità per migliorare la società. Mi schiero per questo obiettivo.

La prospettiva per me è quella di un nuovo umanesimo. Con questa espressione non mi riferisco soltanto al controllo democratico dei mezzi di produzione e alle finalità anche sociali della proprietà, ma insieme a uno sviluppo fondato sull’ecologia, alla priorità rappresentata dalla dignità della persona, a un uso della scienza che abbia come suoi obiettivi il miglioramento della vita degli esseri umani e la salvaguardia del Pianeta. Non tutti i vecchi valori sono in grado di indicarci il cammino, ma senza un riferimento ideale non ci sarebbe futuro. Un nuovo umanesimo richiede la costruzione di un’etica mondiale condivisa. Nel terzo capitolo provo a tracciarne alcuni tratti avvertendo subito che sono consapevole della necessità di ben altri apporti e non di singole persone.

L’ultima parte del libro contiene i contributi di quattro personalità che ringrazio per avere accolto il mio invito. Don Armando Zappolini, il prete che portò nella sua parrocchia Madre Teresa di Calcutta, da sempre impegnato a fianco dei più poveri, dei migranti, per la legalità; tre laici, Sumaya Abdel Qader, Vittorio Robiati Bendaud, Simone Siliani. Rappresentano sé stessi, non le tre grandi religioni islam, ebraismo, cattolicesimo maggiormente radicate anche nel nostro Paese e nelle quali vivono la loro fede in Dio. Ci mostrano che il dialogo è una scelta che non offusca le identità o le appartenenze, ma apre a una prospettiva di futuro. È questa la nostra via.

 

 

[1]Laici e Cattolici, 1° edizione 1999, 2° edizione 2008; Religioni e Politica nel mondo globale, 2011; Tra Terra e Cielo, 2014, tutti con Giunti Editore; Vicini e Lontani, Donzelli, 2016.