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Il viaggio che ci scordiamo di fare

C'è un viaggio che spesso ci scordiamo di fare. Difficile dire la meta, ancor più difficile stabilire l'itinerario. Avviene dentro se stessi, nelle profondità dell'animo umano e porta alla scoperta del miracolo della creazione

Valigie, zaini, lista delle cose da fare, lista delle cose da comprare. Biglietti da prenotare, itinerari da pensare. Panorami nuovi, scorci nuovi. Lingue diverse, accenti non nostri. Sapori, profumi altri. Sorridiamo, ridiamo. Ci riempiamo gli occhi di tutto ciò che è così diverso dalla nostra quotidianità. Scattiamo foto, scegliamo souvenir. A volte guardiamo in silenzio, cerchiamo di imprimere nella memoria un paesaggio, una sensazione. La bellezza del viaggiare è nella meraviglia che si rinnova ogni volta nel vedere come il mondo sia vario nelle sue sfaccettature. Come la natura abbia plasmato ogni posto rendendolo unico, pur inserendo – qua e là – qualche somiglianza con altri posti. Un enorme blocco d’argilla con intarsi in marmo qui, spolverate sottili di sabbia lì. Netto qui, dolce lì. Senza una goccia d’acqua qui, sembra di respirare acqua lì. E intanto salviamo la bellezza, un po’ dentro di noi, un po’ nelle nostre macchine fotografiche. Per poterla rivivere una volta tornati a casa, mentre sogniamo di progettare il prossimo viaggio.

Eppure c’è un viaggio che spesso ci scordiamo di fare. Difficile dire la meta, ancor più difficile stabilire l’itinerario. Just on the road. E non è quel viaggio particolare che facciamo da quando nasciamo al giorno in cui… beh, ci siamo capiti. Infiniti sono i paesaggi, le sfumature dei colori e della durezza. Attraverso la consistenza dei sentimenti, che da semplici parole assumono quasi materialità. Passando per le diverse densità dei mille colori che si mescolano fino a perdere il nome, generandone mille nuovi, forse senza nome, forse per questo ancora più belli. A volte gli scorci che vedremmo, se facessimo quel viaggio, ci lascerebbero senza parole per la bellezza, la dolcezza, la meravigliosa complessità che raccontano. A volte rimarremmo forse un po’ delusi. Altre volte la vista potrebbe non piacerci affatto. E se continuassimo a guardare, vedremmo il paesaggio cambiare, come il deserto sotto una tempesta di vento. Difficile, se non impossibile, scorgere strade già battute. Più probabile districarsi tra un alternarsi di mari e montagne, tra la voglia di serrarsi nel cappotto e l’anelito di un dolce venticello fresco. Tra il desiderio della vetta e i piedi massacrati che urlano di dolore. A volte, per non perderci, dovremmo tenere un capo del filo fermamente ancorato da qualche parte, come Teseo. Infiniti gli scorci e i punti di vista. Da qui sembrerebbe l’Everest, da lì è appena una collina.

Se non ci scordassimo di farlo, quel viaggio, assisteremmo al miracolo della creazione. Di noi stessi, dentro noi stessi.