Quante volte nella vita ci siamo ritrovati bruchi, in una pelle che ci avvolgeva ma che ci stava stretta, sentivamo che non ci apparteneva più e con pazienza abbiamo atteso l’evento della trasformazione in farfalla?
Tuttavia esiste una sostanziale differenza tra il bruco e l’umano!
Se il bruco sapesse di diventare farfalla sarebbe, come noi umani, concentrato appassionatamente su quell’obiettivo. Focalizzato e con un’aspettativa di realizzazione spesso tale che impedisce di vivere con una presenza consapevole tutti gli istanti che compongono la vita di quel preciso tragitto. Ma lui, il bruco, semplicemente attende, con fiducia e per il tempo che l’Universo gli concede per la sua magnifica realizzazione.
Noi abbiamo fretta. Vorremmo che tutto si realizzasse velocemente, spesso siamo disposti anche a compromessi, pur di accelerare le cose.
Avere degli obiettivi e delle ambizioni è una bellissima energia che sospinge l’animo umano a percorrere il cammino della soddisfazione e della consapevolezza del proprio cammino evolutivo. Tuttavia molte volte i nostri traguardi, anche quelli più grandi, non solo non si avverano, ma sfumano per cause diverse.
È proprio in questa circostanza che, accogliendo i fatti per quello che sono e lasciando da parte la frustrazione e le emozioni negative, possiamo sperimentare l’incontro con una parte più autentica di noi, il nostro sé.
Questo perché molte volte avere e realizzare determinati scopi, risponde a un bisogno più subdolo, quello di essere riconosciuti, di essere accettati, oppure dimostrare di portare a buon fine cammini interrotti prima di noi, magari dalle generazioni passate. Abbiamo bisogno di soddisfazioni rapide, verificabili, di consensi e di applausi. Se non riusciamo nell’impresa, questo ci porta a pensare che abbiamo fallito, che non siamo bravi, che non siamo all’altezza. E fateci caso: in un attimo non ci piacciamo più! La nostra immagine nello specchio diventa una caricatura, ci convinciamo di essere la copia mal riuscita di quell’icona di perfezione che la nostra mente aveva progettato.
Il fallimento è una parola terribile, è grave, è ineluttabile, non lascia spazio ad altre possibilità. Ci fa sentire imperfetti, indegni e spesso rincariamo la dose con nuove ambizioni e sfide. Ancora e ancora, finché la nostra maschera diventa guerriera e inossidabile, coriacea e il distacco con ciò che siamo veramente diventa un abisso.
È il momento di provare a rinominare il fallimento come un successo che non si è ancora manifestato, o meglio, come una nuova possibilità. Una rinascita.
Non trovare un affetto, un lavoro, un’occasione sono esperienze spiacevoli e frustranti. Perderli, è ancor peggio.
Le esperienze faticose, in molti casi, precludono a qualcosa di più grande e di molto più significativo per il nostro compimento. L’Universo si sta organizzando per noi e per il nostro più elevato progetto di auto realizzazione.
E così, magari, partiamo per un fine settimana inatteso, fuori dal copione della nostra perfetta determinazione e ci ritroviamo in contesti nuovi, fuori dai nostri ruoli abituali e abitudinari. Possiamo essere sull’auto di un’amica che ci ha invitato per una “puntatina” al mare; passeggiamo a piedi scalzi sulla battigia fredda, soggiorniamo in una locanda con il profumo delle lavande secche e del mare in inverno.
Cose semplici, inaspettate… eppure ci aspettavano da tempo!
Consapevolezze, attimi di libertà, accoccolati nella lentezza e nei silenzi della trasformazione. Nella complicità e nella bellezza delle cose che accadono facili.
In quella dimensione spontanea, la vita prende forma e il nostro talento ritorna a noi, con luce nuova. È un’idea sempre messa da parte, un progetto a cui non abbiamo mai osato pensare, figuriamoci a parlarne. Ci balza in mente la coerenza: «Ho esercitato fino a ieri una professione che mi vedeva rampante problem solver, e poi cambio vita, così come cambio il taglio dei capelli?».
La coerenza, spesso è la prigione del cambiamento e delle sacre vibrazioni della vita. Come diceva Friedrich Nietzsche, è dal caos che nascono le stelle, non certo da vite ordinate, prevedibili e perfette.
La nostra interiorità si nutre di energia e non di condizionamenti.
Ecco allora che cominciamo ad abbozzare le prime idee di un nuovo progetto.
Se fossimo un bruco, in questo istante sentiremmo un forte desiderio di librarci, sostenuti da ali magnifiche. È il momento del concepimento, maturo per noi, tanto vicino da non riconoscerlo nemmeno: un po’ come guardare le onde senza mettere a fuoco. Finisce e ricomincia.
Benvenuti nel tempo della creazione e della gioia!