AMORE E DINTORNI VISIONI

Le nozze in bianco, nero, giallo…

Non ci vorranno ancora molti anni prima che la geografia “razziale” dell’Italia cambi, mescolando provenienze, etnie, lingue e religioni, magari portando un beneficio genetico e culturale alle generazioni future. Bisogna prenderne atto e prendere il buono, perché i confini fisici sono sempre più un segno sulla carta geografica e sempre meno una barriera fisica tra un popolo e l’altro.

Nel nostro Paese siamo già alla seconda generazione e i figli di chi è arrivato con le prime ondate migratorie, iniziate qualche decennio fa dall’Europa dell’Est e dal Nord Africa, sono nati e cresciuti qui, parlano il dialetto della regione in cui vivono, vanno a scuola, fanno sport, giocano, si divertono e lavorano con i loro coetanei italiani. Gli abitanti dello Stivale dei prossimi decenni, al pari degli americani di oggi, sono destinati a diventare un melting pot di etnie e culture, con il vantaggio di rinnovare l’identità nazionale, ma con il rischio di vedere aumentare scontri interetnici e religiosi.

Infatti, le ancestrali paure del diverso, le resistenze sociali e culturali, sia degli italiani che delle altre popolazioni migrate in Italia, non sono minimamente superate, malgrado i matrimoni misti siano in aumento e le seconde generazioni non facciano più tanto caso al colore della pelle e al credo religioso.

Lo dimostra la forte avversità con cui vengono guardate proprio le coppie interraziali, che sfidano religioni, usi e costumi per amore. Un fenomeno che sfugge alle statistiche, trasforma e rinnova le identità, ampiamente trattato dai giornalisti Samuele Cafasso e Giuliana De Vivo, nell’articolo Finché Dio non vi separi, pubblicato nel numero 39/2017 della rivista “Pagina 99”, in edicola questa settimana.

Secondo quanto riportato nell’articolo, sono 17.692 i matrimoni celebrati in Italia, in cui almeno uno dei due coniugi è straniero: 13.642 tra un uomo italiano e una donna straniera (nel 20% dei casi sono donne romene, il 12% ucraine, il 6.2% russe), 4.050 tra una italiana e uno straniero (nel 13.1% dei casi il coniuge è di origine marocchina, 11.1% albanese, 6.1% romeno). I dati sono quelli dell’Istat riferiti al 2015, che riportano anche il numero delle separazioni (8.657) e dei divorzi (7.160). Risultato: non funzionano le coppie miste? O più semplicemente è in crisi l’istituzione matrimonio?

Per cercare di dare una risposta, Cafasso e De Vivo hanno intervistato coppie, hanno analizzato il fenomeno con un esperto, il sociologo Francesco Cerchiaro, autore del saggio Amori e confini.le coppie miste tra Islam, educazione dei figli e vita quotidiana (ed. Guida, 2016), hanno parlato con l’Istat. Ed ecco quello che è venuto fuori. Intanto le difficoltà nelle registrazioni, perché se uno dei due coniugi ha la doppia nazionalità, la coppia non viene registrata come mista (mancano i numeri delle seconde generazioni) e, quindi, i numeri sottostimano il fenomeno. Come si legge nell’articolo «le coppie miste sono due volte fantasma: non si vedono e fanno paura a chi non le conosce».

Fanno paura perché, come diceva Einstein, «è più facile rompere un atomo che un pregiudizio» e – come racconta una delle intervistate, Agnese Fotunato, sposata con un tunisino dal 2015 e cattolica osservante – finché si è trattato di “divertirsi” la famiglia non ha opposto resistenza. Diverso quando ha detto che l’uomo di cui si era innamorata durante un soggiorno di lavoro a Tunisi sarebbe diventato suo marito. Le stesse difficoltà si presentano spesso anche con le altre famiglie di origine, che non accettano facilmente le differenze sociali, economiche e culturali. Il pregiudizio non ha razza né colore.

Il problema e l’ostilità, infatti, si manifestano con forza e talvolta violenza, anche fuori dalla famiglia. Alcune coppie intervistate da Cafasso e De Vivo raccontano di essere state aggredite verbalmente per strada, insultate, quando va bene guardate con sospetto. Famiglia e amici non perdonano loro i problemi che normalmente insorgono in tutte le coppie e, spesso, l’impossibilità di parlarne all’esterno della coppia stessa è una delle ragioni del fallimento del matrimonio.

I problemi del resto ci sono e nascono proprio dalla diversa identità, interna ed esterna. Come spiega Francesco Cerchiaro, uno dei conflitti che si manifestano subito e con maggiore intensità riguardano l’educazione dei figli, uno dei momenti in cui con più forza emerge la rispettiva educazione religiosa. Gualtiero Pezzoni, cattolico praticante, e Tania Roa Torres, di religione ebraica, intervistati da “Pagina 99”, hanno risolto il “conflitto” trasmettendo ai figli ciascuno i propri fondamenti religiosi, cercando un punto di convergenza e lasciando loro la libertà di scegliere. Ma non è sempre così facile. In alcuni casi, spiega Cerchiaro, un dei coniugi fa un passo indietro e accetta che i figli vengano educati nella religione dell’altro, oppure si converte lui/lei stesso/a al credo dell’altro. In casi più limitati, quando la distanza culturale è tale da permetterlo, come testimonia Rossella, atea e non battezzata, sposata con Fallou, senegalese e musulmano praticante, il punto di educazione comune «sono i valori comuni di educazione civica».

In sintesi, concludono i giornalisti di “Pagina 99”, le coppie miste possono anche essere incubatori di nuove identità e citano il cardinale Martini, che ebbe a dire «non falliscono i matrimoni misti, falliscono i matrimoni superficiali». Se un prelato cattolico, per quanto illuminato, sposa una posizione così avanzata, allora le coppie miste sono anche una spinta verso la secolarizzazione. E questo spiega perché guardate con sospetto dalle istituzioni religiose più oltranziste e dai ministri di culto meno disposti ad accettare che le scelte dei singoli abbiano sempre di più un’impronta laica e sempre meno un indirizzo religioso cattolico.

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