MEDICINE VISIONI

Liberarsi dal dolore “sgonfiandone” la causa

Una delle tecniche più efficaci nel risolvere il dolore provocato dal mal di schiena ricorrente da ernia discale refrattaria, è la tecnica laser percutanea di decompressione discale (PLDD), il cui massimo esperto è un italiano, il dottor Gian Paolo Tassi, neurochirurgo con circa 4.000 interventi.

Il dottor Tassi porterà la sua esperienza al 29° Congresso Internazionale di Medicina Laser che si tiene a Firenze dal 9 all’11 novembre, riunendo i massimi esperti mondiali di terapia laser per parlare di innovazione ed esperienze cliniche consolidate in ogni campo della medicina.

«La tecnica PLDD è indicata nei pazienti con dolore acuto che non passa con 6-8 settimane di terapie di primo livello, cioè con terapie del dolore, farmaci, fisioterapia standard, oppure nelle ricadute frequenti cioè quando il paziente, spesso giovane, è limitato nella sua vita lavorativa e personale – spiega il dottor Tassi –. È bene precisare però che l’obiettivo di questa tecnica non è la scomparsa dell’ernia, ma eliminare la compressione che l’ernia esercita sulle adiacenti strutture radicolari provocando il mal di schiena, talvolta associato anche a disturbi neurologici».

La PLDD è una procedura mininvasiva selettiva della durata di 30-40 minuti che si effettua in anestesia locale, e utilizza l’energia del laser per vaporizzare l’acqua contenuta in una piccola porzione all’interno del disco vertebrale, chiamata nucleo polposo, e liberare così la pressione che l’ernia esercita sul nervo.

«Durante tutta la procedura di “sgonfiamento” dell’ernia, il paziente è sveglio in modo da fornire feedback che escludano eventuali pressioni sul nervo manifestate da sensazioni elettriche a livello degli arti inferiori del paziente – continua il neurochirurgo –. La fibra laser viene inserita nel punto esatto attraverso un ago sottile e solo quando è nella corretta posizione viene erogato il fascio di luce che varia di potenza a seconda di diversi parametri quali il tipo di disco vertebrale, di ernia, corporatura e altezza del paziente».

Grazie alla mininvasività della tecnica laser che non prevede incisioni chirurgiche nè scollamento dei muscoli, e la rimozione di strutture ossee e legamentose è minima, sono ridotti anche i rischi di complicanze. «Sgonfiando l’ernia, c’è una sostanziale conservazione delle strutture vertebrali, e quindi anche un minore dolore post operatorio – specifica il dottor Gian Paolo Tassi –. Inoltre, in molti casi, la tecnica PLDD, richiedendo un’anestesia locale, è indicata anche in pazienti che presentano comorbidità, cioè altre patologie, che ne farebbero escludere l’intervento in anestesia generale».

Dopo l’intervento, il paziente viene monitorato per le prime 24 ore in regime di ricovero. «Una volta a casa – conclude l’esperto – il paziente può tornare alla propria attività lavorativa in circa 15-30 giorni, facendo attenzione a non caricare eccessivamnte sulla colonna, come accade nel sollevamento continuativo di pesi. Infine, in alcuni casi, il paziente potrebbe trovarsi a modificare le proprie abitudini sportive in quanto sono consigliati solo sport come il nuoto, lo stretching e la bicicletta».

Il programma del Congresso di terapia Laser

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