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L’infinita litania del razzismo da due soldi

Oramai sono anni, anzi decenni, che l’Italia ha un problema con l’intolleranza prima e con il razzismo vero e proprio poi. Di volta in volta siamo stati invasi dai polacchi, dagli albanesi, dai rumeni e già prima sul patrio suolo c’erano egiziani, tunisini e maghrebini in genere. Questi africani del nord non davano fastidio perché erano rinchiusi nelle cucine dei ristoranti a fare i lavapiatti, o gli schiavetti in genere, e uscivano solo di notte. Non davano fastidio agli occhi. Poi hanno iniziato a rilevare pizzerie e trattorie, questi impudenti, e sono iniziate le prime critiche, forse sono stati i primi a rubarci lavoro. Pero prima andavano bene, così come i maghrebini imbarcati sui pescherecci.

Con la caduta del comunismo, ci siamo ritrovati con l’invasione dei polacchi, forse pensavano di venire a fare il papa come il loro connazionale. E vai di polacchi ubriaconi e rissosi, per gli uomini, e puttane, per le donne. Stessi stereotipi in seguito adottati anche per albanesi e rumeni. Sempre senza distinzione alcuna, come se gli stronzi, beoni, rissosi, delinquenti in genere non conoscessimo cosa fossero. Dimenticando che siamo esportatori di mafiosi e che ormai nel mondo si utilizza il termine mafia per indicare una qualsivoglia organizzazione criminale. Questi delinquenti, che arrivati in Italia ci hanno rubato anche lo spaccio, lo sfruttamento della prostituzione, i furti e le rapine. All’improvviso gli italiani sono tutti diventati brava gente. Mai che venga il dubbio che qualcuno gli abbia di proposito lasciato campo libero. Non parlo dei cinesi perché sembra che in questi giorni siano diventati gli immigrati ideali.

E poi vennero gli africani in genere. Neri come la pece, molti, di pelle e di nomea. Ma venne anche la crisi economica e la paura del diverso, fomentata ad arte per fini elettoralistici, la fece da padrone. Prima vennero quelli che volevano solo migliorare la loro condizione economica e accettavano anche di fare i vu compra’ per far vivere le loro famiglie nel Continente nero, saccheggiato dai tanto bravi ed onesti occidentali. Poi arrivarono quelli che scappavano e scappano dalle guerre e, sempre, dalla fame. E pur di vivere, visto che non siamo in grado di fornire loro accoglienza dignitosa, si adattano e subiscono i ricatti dei più furbi. E così abbiamo le tendopoli dove i novelli schiavi raccolgono pomodori, fragole, arance e altre prelibatezze che poi gli italiani mangiano, razzisti e non. Sarebbe bello uno sciopero di un mesetto di questi poveri uomini sfruttati e schiavizzati, sarebbe bello vedere quanti italiani andrebbero a lavorare nelle loro stesse condizioni.

Iniziarono le bugie, le notizie inventate e anche il nuovo schiavismo verso gli africani. Non disdegnando anche le altre etnie, uno schiavo è sempre uno schiavo. Mica ti puoi mettere a fare distinzioni del colore della pelle! Mica in questo siamo razzisti! E poi facevano comodo, bastava avere un appartamento per stiparli in numero esorbitante a prezzi d’affezione. Del tutto dimentichi del nostro passato di emigranti sfruttati e schiavizzati.

Ora, con una cifra vicina al 10% di stranieri di tutti i paesi del mondo, in Italia temiamo per la nostra italianità, le nostre case, il nostro lavoro e le nostre donne. Per accogliere queste persone, perché di persone si tratta, prendiamo soldi dall’Europa e siamo vincolati da trattati firmati dai nostri governi, di diversi colori ed ispirazione politica. Mica ce li hanno imposti con la forza!

E così, qualcuno ha fatto un gran calderone dove ha buttato dentro i terroni nostrani e gli immigrati, i rifugiati. Per avvalorare la tesi dell’invasione, sono iniziate a circolare tante favolette, che molti (per fortuna) uomini e donne di buona volontà, si sono impegnati a smontare per far capire che non erano vere, che erano bufale o fake news come va di moda adesso che abbiamo i social network e parliamo tutti una lingua che non è nostra. Già, come diceva Tullio De Mauro, abbiamo problemi con la nostra, l’italiano, figuriamoci con questa cosa spuria che parliamo e scriviamo.

I 30, o più, euro al giorno; lo smartphone; gli alberghi; i vestiti eleganti e via di questo passo di cazzata in cazzata. Abbiamo utilizzato miliardi di parole per spiegare, per far capire, abbiamo fatto grafici, disegnini, rubato alle agenzie internazionali dati, filmati e analisi. Insomma, si è fatto di tutto per dare dati, fatti, per poter instaurare una discussione serena e pacata. Ma ciò non è possibile. Se ancora parlate di invasione e tutte le altre corbellerie dette prima, non c’è speranza. Il problema, non mio o nostro, è che abbiamo impegnato tempo e fatica per ragionare, spiegare e confrontarci con voi. Il problema è vostro che non potete, e ciò ci potrebbe stare, o non volete capire.

Di conseguenza non ho remore a dire che chi utilizza certi argomenti è un razzista.