DAILY LA PAROLA

Melanconia

La melanconia è una tristezza leggera, come scrive Italo Calvino nella sua Prima Lezione sulla Leggerezza, una tristezza che non è cupa, che avvolge l’anima e pare attutire e proteggere la condizione umana dal dolore intenso
Edvard Munch, Melanconia

Malinconia e melanconia. C‘è molta confusione fra i due vocaboli, che spesso vengono usati come sinonimi perché il secondo termine viene considerato la variante del primo. È vero che hanno lo stesso significato e indicano entrambi uno stato d’animo caratterizzato da una vaga tristezza, spesso alimentata dall’inattività e dalla passività rispetto al mondo circostante, ma sono diversi per il campo di utilizzo.

Malinconia si usa per indicare lo stato d’animo malinconico, cioè avvolto dalla tristezza; melanconia, o la sua versione più arcaica melancolia, è generalmente usato per descrivere una patologia psichiatrica, la depressione. Le persone malinconiche sono tristi per qualcosa che non hanno più o che non hanno mai avuto, di cui sentono terribilmente la mancanza. È una sorta di nostalgia a metà, nella quale si sentono private di qualcosa, ma in realtà non hanno mai posseduto davvero ciò che a loro manca. Un uomo o una donna, tristi perché il loro amore non è mai stato corrisposto, si potrebbero definire malinconici. Spesso questo stato d’animo definisce anche un tratto del carattere: i malinconici sono chiusi o timidi, ma nel profondo sognatori e romantici.

Entrambe le parole derivano dal greco mélas, nero, e cholè, bile. Anticamente la medicina si basava sulla teoria umorale, formulata dal medico greco Ippocrate, nel I secolo a.C., secondo la quale gli umori sono quattro e corrispondono ai fluidi che si riteneva fossero prodotti dall’organismo: sangue (umore rosso), flegma (muco), bile gialla e bile nera. Si pensava che l’equilibrio dei quattro fluidi corporei determinasse la condizione di salute, mentre un loro squilibrio fosse la causa della malattia. Inoltre, che la predisposizione a un eccesso di uno dei quattro umori determinasse la costituzione fisica e il temperamento: un individuo con eccesso di bile nera era caratterizzato da fisico esile, gracilità, pallore e tristezza. Le cose in medicina sono un po’ cambiate e non si ritiene più che la melanconia sia data dalla bile nera ma il termine è rimasto in uso.

Piuttosto è una tristezza leggera, come scrive Italo Calvino nella sua Prima Lezione sulla Leggerezza, una tristezza che non è cupa, che avvolge l’anima e pare attutire e proteggere la condizione umana dal dolore intenso. A volte ha gli occhi lucidi, nell’intento di domare le fiamme di un cuore che non si arrende.

Ascoltando Chopin arriva subito la melanconia, poiché egli affida al pianoforte componimenti che alternano arpeggi briosi con indugi e trilli insistenti per poi arrestare il flusso nelle pause e riprendere con un’altra movenza melodica, quasi come se questo tipo do sonorità si avvicinasse molto alla voce umana. Ed è per questo che, più di altri, si identifica con la melanconia e ne suscita il sentimento.  Come avviene con la pittura del Quattro-Cinquecento italiano, la pittura tedesca rinascimentale, la poesia di Petrarca e Leopardi, il grande deposito della melanconia di Shakespeare, Rilke, Proust. Guardando a fondo in questi alfabeti poetici è facile immedesimarsi nello stato melanconico, nella tonalità della tristezza che abita l’animo di ogni donna e di ogni uomo.

La melanconia non è da confondersi con la nostalgia: sono due sentimenti confinanti ma diversi. La nostalgia la si può provare per una persona incontrata e poi smarrita, per un luogo, per un animale o per un oggetto. L’asse lungo il quale si snoda la nostalgia è la memoria. Quello della melanconia è invece la fantasia delle vite che avremmo potuto vivere e non abbiamo vissuto, sono i bivi dell’esistenza dove il fluire del tempo ha imposto di scegliere una strada abbandonando le altre, con il rimpianto di non averle percorse.

Ogni scelta comporta un abbandono, una rinuncia, una solitudine compensata da nuovi incontri che non cancelleranno la privazione subita o voluta. La soffusa melanconia che appare dagli occhi delle madonne del Bellini, del Botticelli o del Pinturicchio indica la scelta di queste donne, ossia quella di rinunciare a molte altre vite per accogliere nel proprio ventre il seme della vita procreando il figlio di Dio in stato verginale, votandosi ad una missione che implica il sacro e il tremendo. Una vita che si concluderà in una trasfigurazione e nella rinuncia all’umano. Questa è la melanconia di quei volti.