LA PAROLA

Responsabilità

Responsabilità, spiegano i vocabolari, è la condizione o il fatto, di assumersi un compito che ci è stato affidato. Più strettamente, in senso giuridico, l’obbligo gravante su un soggetto che si instaura o per inadempimento del medesimo obbligo, o per qualunque atto illecito doloso o colposo che abbia arrecato ad altri un danno ingiusto. La parola è importante, molto importante, ed è quella che consente di fare a meno del termine “colpa” su cui incombe come una maledizione, di natura prevalentemente religiosa, della quale a ben pensarci potremmo fare francamente a meno.

La responsabilità, infatti, è nient’altro che la capacità di “dar risposta”, di dar conto del proprio operato, di assumersene, volontaria o involontaria che sia stata, l’appartenenza, la proprietà, di attribuirsene, una volta che venga da qualcuno chiesto, la paternità, l’attinenza con se stessi.

Presume, la responsabilità, un discreto grado di consapevolezza – invero assai minore di quello che si potrebbe pensare, semplicemente quel tanto di riflessione riguardo quel che si è fatto o non fatto e sugli effetti che tali azioni o inazioni possono aver prodotto – ovvero sia un certo livello di presenza mentale, la capacità cioè di “cum-prendere”, di comprendere, di prendere insieme, quanto un atto, un’affermazione, un’azione o, di contro, un’inazione, un silenzio, una rinuncia, possano aver contribuito a produrre, senza sottrarsi al ruolo che in quella vicenda si è svolto, al contributo proprio che a quei fatti si è impresso.

Brutta o bella che sia, una “risposta” è esauriente, a dispetto del detto che “domandare è lecito, rispondere è cortesia”. Tutt’altro: fosse anche con un silenzio, che pur sempre è un modo di rispondere, dar conto ed argomentare, se non un obbligo, è un apprezzabile modo di relazionarsi all’altro, agli altri.

Di qui deriva la possibilità che ciascuno faccia la propria parte, che ciascuno sia chi effettivamente è, che ciò che dipende da noi a noi esclusivamente sia attribuito e quanto invece non ci pertiene ad altri sia imputato.

Volendo tradurre in suggerimento pratico l’invito alla responsabilità – e per questa via la rinuncia ad ogni colpa e, maggiormente, ad ogni insulso ed improduttivo, anzi, dannoso senso di colpa – sarebbe sufficiente affermare che ogni e-mail, ogni sms, ogni telefonata merita una “risposta”: parte da lì la propria responsabilità, la propria capacità di rispondere, di dar risposta.

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