LA DATA

13 marzo 1781

Settimo per distanza dal Sole (dal quale lo separano 2.900 milioni di km), terzo per grandezza (il suo  diametro equatoriale è di 51.118 km, quattro volte quello della Terra), primo dei pianeti sconosciuti all’antichità ad essere individuato grazie al cannocchiale messo a punto da Galileo Galilei nel 1609, Urano viene ufficialmente scoperto dall’astronomo e musicista inglese di origine tedesca William Herschel il quale, mentre scruta la volta celeste con un telescopio di sua costruzione, scrive sul suo diario di aver notato «una curiosa stella nebulosa o forse una cometa».

Era per l’appunto il 13 marzo 1781. Questo gigante ghiacciato deve la sua peculiarità  all’asse di rotazione, inclinato di ben 98° rispetto al piano orbitale, per cui la temperatura registrata ai poli, che ricevono più luce, è maggiore rispetto a quella dell’equatore, dove si possono comodamente raggiungere i -220°C.

Il colore verde-bluastro dell’immensa trottola siderale raggelata su un fianco è dovuto invece, oltre che alla presenza dei soliti idrogeno ed elio, anche a quella di acqua, ammoniaca e metano: una pacchia per l’uomo, si direbbe, se non fosse che fa freddino e vi soffiano, come su Giove e Saturno, venti che possono toccare i 600 km orari.

Nel 1977 si è scoperto che anche Urano possiede degli anelli (ne sono stati contati undici ma potrebbero essere molti di più) mentre il 24 gennaio  1986 la sonda Voyager 2 lo ha sorvolato raccogliendo dati sulla sua composizione; più recentemente,  immagini delle sue remote aurore polari sono state inviate alla terra dal telescopio Hubble, in orbita dal 1990.

Quanto al nome, dopo una non brevissima né secondaria disputa nel corso della quale i francesi suggeriscono cartesianamente che il nuovo pianeta debba assumere quello del suo scopritore,  mentre questi e la English Royal Society vorrebbero che prendesse l’appellativo di “Georgium Sidus”, in omaggio al re d’Inghilterra Giorgio III (quello pazzo, per intendersi, che perse malamente le colonie americane), l’astronomo Bode taglia saggiamente la testa al toro facendo ricorso alla mitologia e lo chiama Urano.

Figlio e insieme coniuge di Gea, nella Teogonia di Esiodo il dio (il cui nome significa per l’appunto “cielo stellato”, “firmamento”) si occupa di gettare sistematicamente nel Tartaro, un luogo sinistro e profondissimo  nel quale un’incudine di ferro precipitava per nove giorni prima di toccarne il fondo, i Titani che via via nascono dalla sua unione con la Terra. Fino a che quest’ultima non consegna a Crono, il più giovane dei sette, un falcetto di selce con cui questi, afferrati i genitali del padre con la sinistra (che da allora è la mano del malaugurio) lo evira. Gettati in mare nei pressi dell’isola di Cipro, gli attributi uraniani non perdono la loro potenza e generano dalla spuma la dea Afrodite, mentre le gocce di sangue che stillano a terra danno vita alle Erinni o Furie, ai Giganti, alle Ninfe del frassino, considerate le protettrici delle arti magiche.

In astrologia, infine, al suo moto ampio e lento viene attribuito un influsso più sulle generazioni e le epoche che non sui singoli individui: ad esso si associano sia l’impulso sessuale e procreativo sia la natura artistica, l’intuizione, le facoltà extra-sensoriali, il misticismo; pianeta della scoperta del sé come dei viaggi e  delle avventure, domina il segno mobile e volitivo dell’Acquario ed è collegato a tutto quanto ha a che fare con l’esplorazione dell’inconsueto e dell’altrove, ivi inclusa la fantascienza.

È ad Urania, infatti, musa collaterale dell’astronomia, che guardano i curatori dell’omonima serie di science fiction  nata per Mondadori nel 1952, con la pubblicazione de Le sabbie di Marte di Arthur C. Clarke: attiva per anni nella diffusione del genere e delle opere di grandi maestri, quali Asimov o Dick, la collana ha inoltre il merito di aver istituito un premio letterario per autori italiani che ha scoperto e lanciato, fra gli altri, gli scritti di  Luca Masali, Valerio Evangelisti, Francesco Verso. Al successo della celebre copertina caratterizzata dal cerchio rosso e diretta, a partire dal 1958, da Carlo Fruttero (in seguito affiancato dall’immancabile Lucentini) contribuiscono anche, a partire dal 1960, i disegni di Karel Thole, illustratore olandese alla cui matita geniale e visionaria si devono, fra gli altri lavori, le illustrazioni scraper-board per le copertine del ciclo di Fantômas, l’inafferrabile trasformista ispirato ai romanzi di  Marcel Allain e Pierre Souvestre, pubblicati nei primi anni del Novecento.

Intanto lassù, negli spazi siderali silenziosi, o forse assordati dal fragore di formidabili crolli, Urano continua a girare come un immenso bradipo sulla sua lenta ed inesorabile orbita, e poiché il suo periodo di rivoluzione è di circa 84 anni terrestri, dal momento della scoperta 237 anni fa, sta ancora pigramente terminando il terzo giro intorno al Sole.

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