LA DATA

12 marzo 1977

Alle 23.15, le forze dell’ordine in assetto da combattimento (giubbotti antiproiettile e Berette alla mano) bussano con forza alla porta di una soffitta in via Pratello 41, nel centro di Bologna. Da qui stanno trasmettendo i microfoni di Radio Alice: l’emittente, nata l’anno prima dall’incontro di un gruppo di studenti del DAMS, deve il suo nome alle suggestioni del celebre romanzo di Lewis Carroll (ma anche la figlia di una delle fondatrici si chiama così).

I giovani ruotano intorno all’area di Autonomia Operaia e, nello spazio franco o presunto tale che si apre in quegli anni Settanta, intendono dare voce a tutti e fare della radio uno strumento di diffusione delle loro idee e trasformazione culturale. Il giorno prima lo studente Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua, nell’ambito degli scontri con le forze dell’ordine in seguito alla contestazione di un’assemblea degli universitari di Comunione e Liberazione, era stato ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un carabiniere di leva, in via Mascarella. Di questi fatti e delle manifestazioni di piazza che  ne seguono, con tutto il corredo di lancio di sanpietrini, molotov, lacrimogeni e cariche, sono ritenuti responsabili anche i giovani di Radio Alice, accusati di aver diretto gli scontri via etere.

In ragione di questo sospetto, rivelatosi poi del tutto infondato, le forze dell’ordine fanno irruzione nei locali: alcuni redattori riescono a scappare sui tetti, chi è al microfono continua a trasmettere live, fa appello al Collettivo Giuridico di Difesa per avere aiuto, avvisa che gli avvocati sono in arrivo. Tutti i presenti sono arrestati, portati in questura e successivamente trasferiti nelle carceri di San Giovanni in Monte e in seguito prosciolti dalle accuse mosse nei loro confronti: viene dimostrato infatti che non avevano diretto gli scontri via radio ma dato notizia in diretta sugli stessi. L’inchiesta contro il carabiniere che aveva sparato a Lorusso ed il capitano che lo comandava si conclude poi con l’archiviazione del caso: riaperta circa un mese dopo, senza il contributo dei fondatori, l’emittente cede le sue frequenze a Radio Radicale.

Nel 2004 la complessa realtà di quegli anni Settanta, di piombo sì ma tanto più vivi dei nostri, è raccontata nel film Lavorare con lentezza, diretto da Giulio Chiesa, che ne firma anche la sceneggiatura insieme con il collettivo di scrittura Wu Ming. La pellicola, che vede tra gli interpreti Claudia Pandolfi e Valerio Mastrandrea, punta, più che alla ricostruzione dei fatti che portarono alla chiusura dell’emittente, all’analisi del singolare impasto di mondi che spesso restarono separati in quegli anni e che nel film arrivano a toccarsi grazie ad un sapiente intreccio di fili narrativi convergenti via etere sulle frequenze di Radio Alice: quello degli studenti e attivisti che danno voce all’emittente, quello dei tutori dell’ordine che la tengono sotto controllo e il vasto, anonimo, sordamente scontento arcipelago della periferia cittadina. Dal cui ventre due giovani assoldati dalla malavita marsigliese, novelli Andreucci da Perugia (Boccaccio e Pasolini docent), mentre scavano un tunnel sotterraneo che conduce alla Cassa di Risparmio, ascoltano le trasmissioni della  radio di cui sopra. Alla fine, consumata la tragedia degli scontri di piazza  che vedono la morte di Lorusso e l’irruzione nei locali di via Pratello 41, è l’appuntato incaricato della sorveglianza dell’emittente a sedersi davanti al microfono, divertito ed in qualche modo risvegliato, per proclamare che «anche i carabinieri devono lavorare di meno».

Per la cronaca: nel marzo del 2017 è uscito il catalogo della mostra fotografica allestita a Bologna in occasione dei 40 anni della chiusura di Radio Alice mentre, chi volesse riascoltare la registrazione di quegli ultimi, drammatici minuti prima dell’irruzione delle forze dell’ordine la sera del 12 marzo 1977, può sempre contare sull’immancabile contributo documentario di Rai Storia.