LA DATA

15 aprile 1920

Omicidio: questa è l’accusa che venne pronunciata il 15 aprile 1920 contro Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, anarchici italiani. Il processo durò circa un anno e si concluse con la condanna a morte dei due, che morirono sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927.

Sacco e Vanzetti vennero accusati di aver ucciso, durante una rapina in una fabbrica di calzature, un cassiere e una guardia armata. La sentenza destò molti sospetti e fece discutere a lungo perché non vi erano prove accusatorie sicure, e, anzi, un pregiudicato portoghese, Celestino Madeiros, confessò di essere lui l’autore del duplice delitto, ma questo non bastò a scagionare i due anarchici.

I motivi della condanna a morte di Sacco e Vanzetti possono essere ricondotti al clima culturale e politico degli anni Venti negli Stati Uniti d’America: gli stranieri erano visti con sospetto e ostilità, e ogni pretesto era buono per accusare gli immigrati di aver commesso qualche crimine. I due pagarono, anche, per le loro idee pacifiste e anarchiche, mal viste nell’America del Nord del primo Novecento, e per la loro provenienza: la minoranza etnica italiana era profondamente osteggiata e rifiutata.

L’opinione pubblica mondiale si mobilitò in favore dei due italiani, con manifestazioni e appelli, e gli stessi Sacco e Vanzetti ribadirono fino all’ultimo la loro innocenza. Tutti questi tentativi, però, si infransero contro il muro intransigente della giurisprudenza statunitense.

«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano […] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già» disse Vanzetti durante il suo ultimo discorso alla corte.

Non rinnegarono mai le loro idee e i loro valori, e morirono con una dignità stoica che li ha fatti diventare, nel corso degli anni, un tassello importante della storia contemporanea italiana.

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