LA DATA

15 febbraio 1924

Il 15 febbraio 1924 nasce a Genova, da una famiglia della buona borghesia ebraica, la fotografa Lisetta Carmi. Il suo primo incontro con l’ingiustizia lo vive a quattordici anni, nel 1938, quando entrano in vigore le leggi razziali che la costringono a lasciare la scuola.

Lisetta si rifugia nello studio del pianoforte, e nel 1943 sfugge alla deportazione raggiungendo a piedi la Svizzera assieme alla sua famiglia, con la partitura de Il Clavicembalo ben temperato di Bach sotto il braccio. Il suo futuro è calcare le scene come concertista, ma ha sperimentato l’ingiustizia e l’emarginazione e non può voltarsi dall’altra parte quando di nuovo le incontra.

Genova è in fermento per le lotte dei portuali contro il governo Tambroni e Lisetta vuole unirsi alla manifestazione. Il suo insegnante di pianoforte la mette in guardia, dovrebbe piuttosto stare attenta alle sue preziose mani di pianista, non esporle al rischio di manganellate. È la prima svolta della sua vita: «Se le mie mani sono più importanti del resto dell’umanità io da domani non suono più», risponde a quel consiglio. Sono anni di urgenza sociale, la guerra è finita da quindici anni ma ai vertici dello stato, nei posti di comando, sono rimasti gli stessi che erano stati nominati dal fascismo: prefetti e questori, tanto per fare un esempio. Nessuna epurazione, nessuna Norimberga a giudicarne l’operato.

Lisetta inizia a fotografare durante un viaggio in Puglia con l’amico etnomusicologo Leo Levi, che vuol andare a registrare i canti di una comunità ebraica in quei territori: è la scoperta di una terra che diventerà poi la sua casa, nel breve volgere di un decennio; al ritorno si appassiona alla vita dei portuali e trova uno stratagemma per inserirsi nel loro mondo. Da questo incontro nasce un reportage commissionato dalla Cgil, uno spaccato della realtà quotidiana dei lavoratori del porto, e si rafforza la scelta di continuare a dare la voce attraverso le immagini a chi non viene mai rappresentato.

Nel 1965 Lisetta conosce per caso alcuni degli abitanti negli stretti vicoli dell’ex ghetto ebraico di Genova, transessuali che fanno la vita, con cui fa amicizia. Vivono nell’ombra, nascosti e dileggiati dalla società, ma ne porta in luce l’anima e la bellezza attraverso una serie di ritratti. Ha appena concluso la sua collaborazione con il Teatro Duse di Genova, per il quale era fotografa di scena, e può  dedicarsi al nuovo e scandaloso progetto: i ritratti non sono in vendita, ma danno vita a un libro che verrà pubblicato diversi anni dopo, e che nonostante il passare del tempo susciterà scandalo anche nel 1972.

Sono anni di grandi viaggi di esplorazione, tutti attraverso la lente dell’obbiettivo; sarà Lisetta Carmi a fare un reportage fotografico su Ezra Pound povero, malato e reduce da tredici anni di manicomio in America. Con quegli scatti, fra i più belli mai fatti al poeta, vincerà il prestigioso premio Niépce.

Durante un viaggio in Oriente incontra Babaji, ultima incarnazione di uno yogi immortale che vive sull’Himalaya. L’incontro è una folgorazione: Lisetta ha trovato un maestro, abbandona la fotografia per seguire con lui la propria ricerca interiore e fonda un Ashram a Cisternino, che è il primo costruito in occidente.

 

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