A Calw, una piccola cittadina nel sud della Germania, il 2 luglio del 1877, nasceva Hermann Hesse. Scrittore, poeta, autore di celeberrimi aforismi, filosofo e pittore, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1946, è stato uno degli scrittori più importanti e significativi del ‘900, avendo aperto la strada a una nuova formula espressiva, introspettiva, spirituale, individualista, che ha influenzato generazioni di lettori in tutto il mondo.
Sua una delle frasi più usate e abusate di tutti i tempi: «Anche un orologio fermo, segna l’ora giusta due volte al giorno», tratta dal romanzo Il giuoco delle perle di vetro del 1943, citata in canzoni e film, tra cui Il caso Thomas Crawford.
Il padre era un missionario protestante e la madre, figlia essa stessa di un missionario, appassionato di cultura e filosofia orientale. Probabilmente per questa ragione, anche il giovane Herman fu avviato agli studi teologici, mai conclusi e addirittura segnati da un tentativo di suicidio, fallito perché la pistola si inceppò.
Afflitto da problemi di depressione, ricoverato in una clinica per ragazzi con disagio mentale, Hesse fu a lungo frustrato nelle sue ambizioni letterarie dal padre che aveva immaginato per lui un futuro diverso.
La svolta alla fine del secolo, quando, recuperato l’equilibrio e il controllo dell’umore, il futuro Premio Nobel si trasferì a Tubinga, dove, libero da vincoli e costrizioni familiari poté seguire e coltivare la sua passione, frequentando scrittori e circoli culturali che gli valsero la pubblicazione delle sue prime produzioni.
La rivelazione, nel 1904, con la pubblicazione del primo romanzo Peter Camezdin, a Basilea, in Svizzera, dove nel frattempo era andato a vivere e che eleggerà come propria patria. Nel 1921, infatti, prese la cittadinanza elvetica.
Il viaggio in India nel 1911, la produzione che lo ha reso immortale, le controversie sugli ultimi anni della sua vita sono oggetto di fiumi di inchiostro, pagine di enciclopedie, centinaia di siti internet, milioni di libri di scuola.
L’opera di Herman Hesse, con il suo modo di esprimere il rifiuto di una società moderna, troppo tecnicizzata, accompagnato dal desiderio di ritrovare una nuova e più profonda spiritualità, si dovesse pure andare a cercarla in India, si colloca a metà tra la spinta antiborghese e la ricerca dell’armonia universale.
Per questo, Hesse, il suo Siddharta, Il lupo della Steppa, fino a Narciso e Boccadoro, hanno influenzato il moto studentesco degli anni 60 e 70, lasciando un’impronta indelebile nei giovani che quegli stessi suoi ideali avevano perseguito con altri mezzi.