IL NUMERO

23.249.425

Una piccola porzione del numero M77232917

23.249.425 non è il numero che ci interessa. Essendone solo il numero delle cifre. Lui non lo possiamo nemmeno scrivere perché è stato calcolato che ci vorrebbero circa 9.000 solide pagine per dare infine a qualcuno l’astratta possibilità di leggerlo. Perché non è nemmeno immaginabile o pronunciabile. Chi volesse cimentarsi nell’impresa finirebbe sicuramente per dare i numeri. Lo sarebbe – un’impresa – anche percorrerlo a piedi; è stato anche stabilito che mettendo in fila una accanto all’altra due delle sue cifre per centimetro lineare sarebbe lungo circa 118 chilometri. Lo riporta anche un articolo sulla rivista “Le Scienze”. Una passeggiatina da fare con Forrest Gump e Raymond Babbitt, se piove. Ho fatto i compiti ed in effetti può tornare, se è vero che mettendo in un’altra fila la distanza che sempre separa due caratteri stampati si otterrebbero, nel caso, due chilometri di niente, più o meno.

Al ritmo di 90.000 caratteri al secondo, come mostra il filmato su Youtube all’inizio di questa pagina, ci vogliono circa cinque minuti per proiettarlo. Restando a nessuno – credo – la possibilità di rendersi conto di ciò che vede.

Potenza delle potenze. Questo numero ha un nome pronunciabile: M77232917. M sta per Mersenne, un matematico francese vissuto a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo. Sono numeri di Mersenne i numeri primi che siano potenze di 2, meno un’unità – che occorre togliere perché altrimenti cesserebbe immediatamente di esserlo, essendo pari. Questo è il cinquantesimo ad essere scoperto. A parte i primi, gli altri ovviamente tutti da un computer. 77232917 è l’esponente che occorre dare al due per ottenerlo, prima di togliere l’uno di cui sopra. In poche parole parliamo di 2 elevato alla 77232917sima meno 1. Sono numeri primi – come ha spiegato Maddalena Dalla Torre su TESSERE dando conto di 17 e 13 – quelli divisibili soltanto per uno e per se stessi e sono quindi tutti dispari, tranne il due.

M77232917 si distingue dagli altri quarantanove in quanto è il più grande numero primo di Mersenne che sia stato fino ad oggi individuato.

Nessuna solitudine. Siamo nel mondo della matematica dura e pura in quanto non ci sarebbe alcuna particolare applicazione concreta per questa ricerca. Ma i numeri primi esercitano da sempre un fascino particolare. Forse per questa loro ormai supposta solitudine. Che si accresce con il loro gigantismo: diventano sempre più rari con l’aumentare della loro grandezza, ma solo se ci ostiniamo a vederli ben incolonnati e tutti in fila.

Meglio immaginarli apparire qua e là senza disegnare motivo alcuno, magari a gruppetti sempre più folti che cominciano a generare tutti gli altri come se fossero in qualche modo per la loro natura più somiglianti alla indivisibile singolarità. La verificabile e indimostrata congettura di Goldbach suggerisce che ogni intero può infatti essere espresso come la somma di due numeri primi.

Gli ultimi sono i primi. Fuori dagli schemi e dentro i paradossi, per questo stesso motivo, mi sorge spontaneo pensare ad una fucina continua e ininterrotta in cui gli ultimi numeri ad apparire non possano essere che i primi. Ovviamente lo dovrebbero essere stati i primi. Ed è proprio per questo che si chiamano così. Anche se lo zero e l’uno non ne farebbero parte. Ma il terreno del ragionamento diviene per me troppo impervio e scivoloso. Preferisco quindi restare nella suggestione e sperare che non ci saranno nè ultimi nè primi, almeno tra gli uomini. Altro che solitudine.

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