Dopo 10 anni di ricerche nella Valle dei Re, l’archeologo H. Carter e il suo finanziatore Lord Carnarvon scoprono la tomba del faraone Tutankhamon il 26 novembre 1922. La camera funeraria del sovrano, morto a soli 18 anni, è intatta e contiene una collezione di diverse migliaia di oggetti di valore inestimabile tra i quali il sarcofago d’oro massiccio con la mummia. Per 3.000 anni rimase nascosta in mezzo alle 60 tombe già rinvenute a causa delle scaglie di pietra che la ricoprivano e dalle capanne degli operai.Tra i 6.000 cimeli trovati, vi è la maschera d’oro massiccio, del peso di circa 10 chili, che riproduce il viso post-mortem del faraone. L’interno della maschera reca iscrizioni in geroglifico del Libro dei Morti.
Al Museo Egizio di Torino, il secondo più importante al mondo, si trova la statua originale del faraone. L’importanza della scoperta, la più famosa della storia dell’egittologia e una delle più rilevanti dell’archeologia mondiale, risiede nel fatto che si tratta di una delle poche sepolture dell’antico Egitto pervenutaci quasi intatta, l’unica di un sovrano e conseguentemente, tra quelle note, la più ricca.
La leggenda narra di una scritta riportata sull’ingresso della tomba di Tutankhamon che diceva: «La morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del Faraone». Maledizione poco efficace, in verità, considerato che l’archeologo che per primo si introdusse nella tomba morì dopo 17 anni dalla scoperta a l’età di 65 anni. Ma qualche dubbio nasce invece su Lord Carnarvon, che morì 4 mesi dopo la scoperta. La sua morte fece pensare che qualche elemento di verità ci fosse in questa “maledizione di Tutankhamon“, e ai giornali scandalistici dell’epoca non sembrò vero, considerato che avevano mal digerito il fatto che il Lord avesse dato l’esclusiva al quotidiano “The Times”.
Infatti molte testate non si diedero per vinte e, per cavalcare il rinnovato interesse per la cultura egiziana, non si fecero scrupoli a inventare storie di antiche maledizioni scatenate dai potenti rituali dei sacerdoti egiziani e indirizzate ai profanatori di tombe: lo scopo era quello di colpire la fantasia dei lettori, invogliando così l’acquisto dei giornali. Ad alimentare la tesi della maledizione ci si mise anche Arthur Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes, che in un suo articolo concluse che «la causa immediata della sua morte fu la febbre tifoide, ma questo è il modo nel quale gli “elementi” che proteggevano la mummia potrebbero agire». Gli “elementi” citati da Conan Doyle erano le maledizioni poste dai sacerdoti di Tutankhamon a difesa della mummia. Sottolineò perciò le cause naturali della morte, ma attribuendole a ogni modo, col condizionale, a una ipotetica causa soprannaturale.
Insomma, il povero Tutankhamon regnò solo 9 anni, prima di morire appena 18enne per una rara malattia infantile e ci sta che gli siano girati i cabasisi, come direbbe Camilleri e magari un paio di giustificate maledizioni le ha lanciate davvero.