LA DATA

28 aprile 1967

clay-cassius- boxEccolo lì il campione del mondo dei pesi massimi che quel giorno si dichiara obiettore di coscienza, con lo stesso coraggio con cui è sempre salito sul ring. Lui di andare in Vietnam a fare la guerra a quella povera gente non ne vuol sapere. Costi quel che costi.

Erano già passati tre anni da quando aveva conquista il titolo massimo del campionato mondiale di pugilato e Cassius Marcellus Clay Jr., nato a Louisville nel Kentucky il 17 gennaio 1942 è contrario, per ideali politici e fede religiosa, ad andare a combattere nella Guerra del Vietnam: lo arrestano, accusato di renitenza alla leva, e la World Boxing Association gli toglie il titolo iridato. Non poté combattere per i successivi quattro anni. Fece appello e il suo ricorso giunse sino alla Corte suprema degli Stati Uniti d’America, che nel 1971 annullò la condanna. Anche negli Usa i tempi stavano cambiando. E di lì a poco sarebbe arrivata la più grande sconfitta militare americana fuori dal suolo patrio, dove solo ha combattuto.

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Vinse così anche la sua battaglia come obiettore di coscienza e sostenitore dell’integrazione razziale. Divenne così un’icona nella controcultura degli anni Sessanta e Settanta. Dopo aver vinto l’oro Olimpico ai Giochi di Roma nel 1960 e poi il titolo mondiale dei pesi massimi, mandando a sorpresa al tappeto il campione in carica Sonny Liston nel 1964, a 22 anni, si unì, per poi distaccarsene, alla setta afroamericana Nation of Islam (NOI), cambiando il proprio nome in Muhammad Ali e, influenzato da Malcolm X, schierandosi inizialmente per ili separatismo nero.

Soprannominato “The Greatest” (Il più grande), Ali aveva iniziato ad allenarsi all’età di 11 anni, ed è stato protagonista di alcuni dei più importanti e famosi eventi del mondo pugilistico, tra cui i tre match combattuti aspramente con l’irriducibile rivale Joe Frazier, ed il drammatico incontro nel 1974 in Zaire – detto “Rumble in the Jungle” – contro il campione in carica George Foreman, quando riconquistò i titoli persi sette anni prima.

Colpito nel 1984 dalla sindrome di Parkinson, probabilmente causata dalla sua professione, sì ritirò dal mondo sportivo ma non smise di spendersi in numerose azioni umanitarie, sino alla morte avvenuta il 3 giugno 2016 a Scottsdale.

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