LA DATA

6 marzo 1475

A me una volta regalarono, per la prima comunione, insieme a un arsenale di ciondolini d’argento di gran voga negli anni Settanta, un libro che si intitolava Incontro con Michelangelo. Fu sfogliando quelle pagine, dalle quali le immagini balzavano fuori come scappando dalla tela e dal marmo, che cominciai a conoscere le vicende di quel genio immenso e tormentato, scoprendo con infantile orgoglio che era nato il 6 di marzo, come me.

In realtà l’incontro era avvenuto l’anno precedente, in occasione di una visita a Roma con la mia famiglia, quando mi condussero in San Pietro, davanti alla Pietà da poco restituita all’ammirazione del mondo dopo l’attentato subito il 21 maggio del 1972. Quella domenica, intorno alle 11.30, mentre nella basilica le funzioni si svolgevano nel  consueto andirivieni di fedeli e visitatori, il geologo australiano di origini ungheresi Làzslo Tòth, armato di un martello, scavalcò la balaustra che separava l’opera dal pubblico ed infierì in più punti sulla figura della Madonna, staccandole di netto il braccio sinistro all’altezza del gomito (la mano, cadendo, andò in frantumi) e danneggiandone il naso, la palpebra dallo stesso lato, il velo. Aveva appena preso di mira le gambe del Cristo quando fu fermato da un vigile del fuoco fuori servizio che si trovava sul posto, quindi fu raggiunto dal personale della basilica, allontanato e consegnato alle forze dell’ordine. Quella sera i canonici di San Pietro si recarono in processione, cantando il Miserere, fino alla Cappella della Pietà: taceva, in segno di lutto, l’organo della basilica.

Fu di certo l’atto vandalico più famoso del secolo, come dirà a quarant’anni dai fatti il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci: le immagini del capolavoro sfregiato fecero il giro del mondo e lo commossero, quindi si avviò la certosina opera di restauro, favorita da un calco in gesso provvidenzialmente realizzato nel 1944, nei tempi bui della guerra. Per la regia di Brando Giordani, la RAI realizzò un documentario dal suggestivo  titolo La violenza e la Pietà, che ottenne anche una nomination agli Oscar e andò in onda per una TV che ancora non conosceva il colore (che peraltro non sarebbe stato necessario ad esaltare lo splendore del marmo di Carrara); il 25 marzo dell’anno successivo, nella data simbolica della cosiddetta incarnazione, il pontefice Paolo VI dichiarò che l’opera era tornata visibile al pubblico.

A me bambina fecero grande impressione quelle immagini e ammiravo in silenzio la calma ieratica della donna di marmo che si sottoponeva immobile e seria alle delicate operazioni chirurgiche (la tecnica seguita fu infatti quella odontoiatrica) da parte degli uomini in camice affaccendati tra pinzette, mastici, microscopi, pennelli: strumenti che, fortunatamente, non potevano farle alcun male. Pensavo (e ancora penso) senza osare confessarlo agli adulti inorriditi dal folle gesto, che quel volto era bello anche così, sbreccato ed offeso, forse di più…