LA DATA

7 marzo 1876

Bell

Oggi, che imbattersi in una cabina fa battere il cuore di nostalgia, almeno a quelli cresciuti con un gettone in tasca perché “non si sa mai”; oggi, che la telefonia mobile sta ormai attuando la sostituzione in massa delle funzioni cerebro-sociali dell’homo sapiens sapiens; oggi, che se non c’è la wifi non siamo più in grado di trovare la strada di casa o intuire se pioverà o meno; oggi, dicevo, Alexander Graham Bell deposita il brevetto del primo telefono al competente ufficio della città di Boston, dove era giunto dalla nativa Edimburgo.

E a questo studioso di fenomeni acustici, professore di dizione, da sempre interessato ai problemi dell’udito in ragione della disabilità della madre e  della moglie, entrambe sordomute, la paternità del moderno telefono è stata attribuita fino al 2002, quando il Congresso degli Stati Uniti, dopo annosa disputa, riconosce ad Antonio Meucci la celebre e fortunata invenzione.

Meucci

Già nel 1854, infatti, l’inventore fiorentino emigrato a New York aveva costruito il primo prototipo, il “telettrofono”, che usava in casa per comunicare con la moglie costretta a letto dall’artrite deformante (certo in questa storia donne e malattie hanno un ruolo non secondario), ma solo nel 1871 era riuscito a depositare un brevetto temporaneo, non potendo permettersi quello definitivo.

Il cottage di Meucci a Staten Island è diventato nel 1962 il “Garibaldi-Meucci Museum” e, oltre ad ospitare la tomba dello stesso inventore, conserva le memorie della sua amicizia con un altro grande della nostra storia, Giuseppe Garibaldi, che prima di passare alla storia come l’eroe dei due mondi, fu per qualche tempo impiegato nella piccola fabbrica di candele di proprietà dello stesso Meucci.

Tags