LA DATA

9 gennaio 1950

Poco prima del Natale 1949 il proprietario delle Fonderie Riunite di Modena, l’industriale Adolfo Orsi, proprietario anche della Maserati, annunciò il licenziamento di tutti i suoi 560 operai per attuare un piano di ristutturazione aziendale in spregio a qualsiasi trattativa sindacale. Il suo obiettivo non era quello di chiudere la fabbrica, ma di eliminare i lavoratori più sindacalizzati e attenti alle proprie tutele, riassumendo poi i circa 300 pronti a piegarsi a qualsiasi angheria (dalla diminuzione dei premi di produzione all’addebito del costo della mensa, all’abolizione della stanza dove le operaie potevano allattare i figli). Dopo un mese di serrata delle Fonderie, i sindacati proclamarono uno sciopero generale di tutte le categorie nell’intera provincia di Modena per il 9 gennaio 1950. Questura e prefettura negarono l’uso di qualsiasi piazza e il giorno prima fecero arrivare circa 1.500 agenti dalle altre città dell’Emilia-Romagna con autoblindo e armi pesanti.

La mattina del 9 gennaio un gruppetto di operai si avvicinò inerme ai cancelli della fabbrica, quando i carabinieri cominciarono a sparare dai tetti dell’azienda con le mitragliatrici. Nelle stesse ore un operaio venne linciato dai militari dell’Arma perché indossava una sciarpa rossa, un blindato cominciò a sparare sulla folla, altri operai vennero feriti a colpi di fucile. Alla fine ne rimasero uccisi sei e feriti oltre 200. Una strage assurda, in tempi in cui i diritti sindacali erano di là da venire. La repressione si concluse con l’arresto di 34 operai, accusati di adunata sediziosa, resistenza a pubblico ufficiale e attentato alle istituzioni. Dopo due anni di carcerazione preventiva, vennero tutti assolti con formula piena.

Il giorno dopo questa strage di lavoratori “l’Unità” titolò a tutta pagina: «Tutta l’Italia si leva contro il nuovo eccidio!». Il leader del Pci Palmiro Togliatti con la sua compagna Nilde Iotti adottarono, in seguito a questo episodio, Marisa Malagoli, sorellina di uno degli operai uccisi, che molti anni dopo ricordò quella vicenda in questa intervista. Tre giorni dopo l’eccidio venne firmato l’accordo sindacale che prevedeva la riapertura delle Fonderie Riunite senza alcun licenziamento.