«Essere frequentemente o abitualmente assente dal luogo di lavoro, di studio, o da altri luoghi di riunione e di partecipazione a cui si avrebbe l’obbligo, anche soltanto morale o sociale, d’intervenire». Ecco il significato della parola assenteismo.
Dal termine inglese absenteeism (da absentee “assente”), questa parola è stata coniata dal politico inglese Th. P. Thompson nel 1829, per definire l’abitudine dei grandi proprietari terrieri irlandesi di vivere lontano dai propri possedimenti, non curandosi affatto del loro rendimento e della loro conservazione. E se questi signori di nobile lignaggio potevano anche permetterselo, che il danno era solamente il loro, quando assenteismo, in tempi più moderni, descrive l’abitudine di mancare ripetutamente dal lavoro, le cose cambiano parecchio.
Questa “pratica” legata per lo più a malattia, vera o presunta, ma anche a cause riconducibili all’organizzazione del lavoro, come la disaffezione, la mancanza di controlli o semplicemente l’essere dei bighelloni, come si dice in Toscana, è una vera e propria piaga, soprattutto nelle Pubbliche amministrazioni. La cronaca, anche recente, è densa di notizie di inchieste che hanno portato alla luce lo scandaloso comportamento di alcuni dipendenti pubblici e dei loro dirigenti, chiamati a vigilare anche sulle presenze in ufficio. Un danno economico enorme e una beffa ancora più grave per i cittadini che pagano le tasse e che hanno diritto a servizi efficienti.
Ma, come si sa, il pesce puzza dalla testa. E allora, se l’esempio di correttezza, abnegazione, senso di responsabilità e rispetto della cosa pubblica deve venire dai parlamentari eletti a rappresentarci e a governarci, cosa dobbiamo aspettarci? Il vigile urbano di San Remo che andava a timbrare in mutande. I tanti furbetti del cartellino. Sicuro, anche se non per forza.
Dopo lo scandalo del deputato Cinque Stelle Andrea Mura – tasso di assenteismo dalle sedute parlamentari del 96,36%, ma che ha confessato di poter lavorare dalla barca (beato lui) – è scattata la caccia ai parlamentari assenteisti. Certo non è una novità. Ogni anno i dati diffusi dalle Camere attraverso Openpolis sono ricchi di poco luminosi esempi di senso civico che – questa volta sì – mettono d’accordo tutto l’arco parlamentare.
E allora, come riporta il sito “TPI News“, tra i deputati della XVIII legislatura, quella iniziata il 23 marzo 2018, per intenderci, la maglia nera va a Michela Brambilla (Forza Italia) presente a una sola votazione su 220, a pari merito con Leonardo Salvatore Penna (Cinque Stelle) con un tasso di assenza del 99,55%. Seguono Iolanda Nanni (Cinque Stelle), 6 votazioni su 220, il già citato Andrea Mura, Piero Fassino (Pd), 17 votazioni su 220 con un tasso di assenteismo del 92,27%, Andrea Cecconi (Gruppo misto), con il 91,82% di assenze, Erasmo Palazzotto (Si-Sel-Pos-Lu), 91,82% di assenze, Carolina Varchi (Fratelli d’Italia), con l’88,64%, Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Renzo Tondo (Gruppo misto) con 32 e 34 presenze su 220.
A onor di cronaca è bene citare i più virtuosi, con il 100%di presenze: Antonio Viscomi (Pd), Antonio Zennaro (Cinque Stelle) e Edoardo Ziello (Lega).
In Senato i più assenteisti sono i senatori a vita Renzo Piano e Carlo Rubbia, con un tasso del 100%, seguiti da Paolo Romani (Forza Italia), presente una sola volta su 201 votazioni, Giacomo Caliendo (Forza Italia), 93,03% di assenze, Niccolò Ghedini (Forza Italia) con 92,04% e Licia Ronzulli (Forza italia) con 87,56%.
Al contrario, tra i senatori più presenti, sono ben 72 che detengono il 100% delle presenze, tra cui Roberto Calderoli e Toni Iwobi, il senatore nigeriano leghista.