LA PAROLA

Centauro

Il Centàuro [dal lat. centaurus, e dal gr. κένταυρος] è – spiega il Vocabolario Treccani – quella «figura biforme della mitologia greca (il cui nome deriva dal capostipite Centauro, figlio di Issione), partecipe della natura del cavallo (le quattro zampe e la groppa) e dell’uomo (dal bacino in su), che, secondo la leggenda, viveva sui monti della Tessaglia».

Ad esso si è paragonato più d’una volta Primo Levi che gli ha dedicato un mirabile racconto, Quaestio de Centauris, nella raccolta Vizio di forma, riferendo in particolare di uno chiamato Trachi.

Centauro, però, in astronomia, è anche (lat. Centaurus, con allusione al centauro Chirone) «la costellazione australe, la cui stella principale, di luminosità e colore simile al Sole, tripla, è la più vicina al sistema solare; tra le sue zampe si trova la Croce del Sud».

Attento osservatore di cosa anche gli astri hanno da dirci, a Primo Levi è stato dedicato un asteroide della fascia principale, «scoperto nel 1989, che presenta un’orbita caratterizzata da un semiasse maggiore pari a 3,1437790 UA e da un’eccentricità di 0,1395254, inclinata di 1,81162° rispetto all’eclittica». Inizialmente quell’asteroide si chiamava 4545 e questo numero, non raddoppiato, è quello che allo scrittore torinese fu impresso, fra due volte 17, sul braccio nel Lager di Auschwitz: 174517.

Se ascoltassimo Primo Levi scopriremmo che quella duplice natura, a volte anche più che duplice, è quella che contraddistingue ciascuno di noi. E ci rende anche un po’ astri.