LA PAROLA

Depezzare

«Secondo altri media “Khashoggi è stato depezzato dall’esperto di autopsie Salah Al Tabiqi, in 7 minuti, mentre ascoltava musica, ci sono registrazioni”». Così riporta Giordano Stabile su “La Stampa”, il 17 ottobre, citando nell’articolo i giornali – si presume turchi – sulla barbara uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Una morte ancora tutta da chiarire tra ammissioni e smentite, con Riad che continua a cambiare la ricostruzione degli eventi. Quello che è certo è che il corpo è stato fatto sparire, mentre, giorni fa, era trapelato da fonti locali che il corrispondente del “Washington Post” sarebbe stato torturato e fatto a pezzi mentre era ancora vivo, quindi sciolto nell’acido, all’interno del Consolato arabo a Istanbul.

Fatto a pezzi, depezzato, aggiungendo, «in 7 minuti, mentre [il boia] ascoltava musica» (non era necessario sapere anche questo).

Se mai la verità verrà fuori, resta l’orrore per quanto accaduto o quantomeno per le ipotesi riportate, che vorremmo tutti venissero smentite. Resta la profonda pietà per l’uomo, ma anche il raccapriccio che il verbo depezzare suscita, così terribilmente crudo da leggere. Si parla di un essere umano, cui sarebbero state inflitte indicibili sofferenze e una morte atroce, perché aveva esercitato uno dei diritti fondamentali dell’uomo: la libertà di pensiero e di parola. E da giornalista aveva espresso critiche contro il regime del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman.

In medicina legale, la parola depezzamento si usa per indicare «lo smembramento del cadavere, operato per mezzo di mannaie, accette e talora seghe elettriche». Un uso tecnico del termine, in questo caso. E al gergo tecnico si è attenuto il giornalista, il cui articolo è stato citato da Stabile. Poteva usare un altro verbo, oppure poteva non essere citato.

Il significato di depezzare, del resto, nasce altrove, indica il lavoro del bosco. Scrive il vocabolario Treccani: depezzare, «nell’abbattimento degli alberi di un bosco, eseguirne la depezzatura»; salvo poi, alla parola paleonutrizione, usare il verbo nella frase esemplificativa «depezzare carcasse, spaccare ossa o raschiare pelli». Nel dizionario di italiano Hoepli, la definizione è «segare il tronco e i rami di un albero abbattuto, in segmenti di varie dimensioni, a seconda delle esigenze d’uso». Deriva dalla parola pezzo, preceduto dal prefisso di origine latina de-, che indica separazione, sottrazione.

Usato parlando della morte di una persona, tecnicamente sembra non fare una piega. Umanamente ne fa moltissime.

Viene in mente il continuo e costante richiamo alla continenza verbale, al rispetto della dignità umana, che le regole deontologiche della professione giornalistica rivolgono a chi esercita il diritto di cronaca.

Non cambia niente, un uomo è stato brutalmente assassinato e il suo corpo è stato fatto sparire. Ma resti almeno la pìetas, la compassione, il rispetto, nel racconto di questa morte orribile. Restiamo umani.

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