LA PAROLA

Follia

LINA SENSERINI 

Lo scrittore inglese Patrick McGrath gli ha dedicato un romanzo psicologico, Follia, da cui il regista David Mackenzie ha tratto l’omonimo film. Erasmo da Rotterdam ci ha costruito sopra un intero Elogio. Il filosofo francese Michel Focault ha scritto la propria tesi di dottorato sulla storia della follia nell’età classica. Ci sono le scene “della follia” in molte opere liriche e “l’insanità mentale” ricorre frequente nelle grandi tragedie greche; folli erano Don Chisciotte e l’Enrico IV di Pirandello, non del tutto sano l’Amleto di Shakespeare; folli sono ritenuti alcuni grandi della musica contemporanea, tra cui spicca per genio e follia, appunto, il “crazy diamond” Syd Barret fondatore (per nostra fortuna) dei Pink Floyd.

L’elenco sarebbe lunghissimo, perché la storia dell’uomo nelle sue manifestazioni più alte, come la letteratura, l’arte, la poesia, la musica, è segnata da quel guizzo in più fuori dalla normalità che, nel bene e nel male, ha caratterizzato molti grandi personaggi. Del resto, per citare proprio Erasmo sa Rotterdam, «le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia».

Syd Barret

Curiosamente, la parola follia indica anche una «danza cinquecentesca d’origine iberica, in movimento moderato e in misura di 3/4, spesso trattata anche dai compositori italiani dell’età barocca in forma di tema variato», si legge sul dizionario di Google.

La follia è qualcosa che va molto oltre la definizione medica di «stati generici di alienazione mentale, siano essi direttamente riconducibili a specifiche configurazioni patologiche o legati a comportamenti incomprensibili», si legge sul dizionario di medicina Treccani. È difficile classificarla e ricondurla a un ambito ristretto, basta vedere il lungo elenco di sinonimi: pazzia, stoltezza, stravaganza, irragionevolezza, sconsideratezza, imprudenza, sregolatezza, ciascuno dei quali ha un significato diverso.

È una condizione dell’essere umano che da sempre spaventa e affascina, che si allontana dalla “normalità” tanto quanto si avvicina al divino o al demoniaco. Si può mostrare come instabilità mentale, ma anche come sovversione delle regole sociali. È la manifestazione delle infinite potenzialità in negativo e in positivo dell’animo umano. Spesso infatti la follia si accompagna al genio, può essere contemporaneamente commedia e tragedia, sfacciataggine e coraggio, estrema stupidità, quanto estrema profondità del pensiero. Sembra essere una condizione necessaria, nel senso filosofico dell’aggettivo, tanto da far dire a Blaise Pascal che «gli uomini sono così necessariamente folli che il non esserlo equivarrebbe a esser soggetto a un altro genere di pazzia».

La follia, infatti, va a braccetto proprio con quei sentimenti che per loro stessa natura fanno perdere il senno, come l’amore (“amare alla follia”) e l’odio (“essere accecati da un odio folle”); ma anche con la folle temerarietà di sfidare pericoli estremi, di fare scelte avventate, di agire sconsideratamente. Si dice “fare un sorpasso folle”, “avventurarsi in un’impresa folle”.

E poi c’è il celebre discorso che Steve Jobs fece agli studenti dell’Università di Stanford nel 2005, che si chiudeva con l’esortazione «Stay hungry, stay foolish», «siate affamati, siate folli». Ovvero, non perdete mai la curiosità e l’ambizione di cambiare il mondo con un pizzico di follia.