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“Haiku on a Plum Tree”: film di famiglia e di guerra

Un grande terrazza della villa di Bagheria si affaccia sulla verde vallata sottostante, mentre all’orizzante, il mare tinge tutto di azzurro. «Cosa è importante nella vita?», chiede la nipote. «La libertà di pensiero… la libertà», risponde la nonna centenaria.

Questa frase chiude il cerchio del viaggio che la regista Mujah Maraini-Melehi, nipote di Fosco Maraini e Topazia Alliata, ha intrapreso attraverso i documenti e la memoria della propria famiglia, che ha vissuto in Giappone ed è stata internata in un campo di prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale. E che ha raccontato nel documentario Haiku on a Plum Tree in italiano, Haiku sull’albero del prugno.

Mujah è partita dall’inizio, dall’incontro tra Fosco, un intraprendente antropologo e orientalista anglo-fiorentino, e Topazia Alliata di Villafranca, pittrice siciliana, una donna libera e indipendente per l’epoca. Fu un colpo di fulmine tra due anime affini, vitali e anticonformiste. La vita scorre felice anche quando nel 1938, in pieno regime fascista, partono per il Giappone con le loro due figlie, Dacia e Yuki (Toni, madre della regista è nata a Tokio). Nella Sapporo innevata e poi a Kyoto, la famiglia Maraini scopre le usanze e le tradizioni di un altro popolo, vive una vita serena, fino a quando, dopo l’8 settembre 1943, si rifiutano entrambi di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò. Questa scelta fu la loro condanna, cui seguì l’internamento in un campo di prigionia giapponese, dove affrontarono un periodo durissimo con il freddo, la fame, gli stenti e le umiliazioni. Scampati ai bombardamenti americani, a un forte terremoto in concomitanza con una nevicata eccezionale, furono poi liberati nell’agosto 1945.

Topazia annota su un diario pensieri, emozioni, disegni e fatti minimi della loro vita accaduti in quei giorni di prigionia. Un racconto privo di odio e di rancore verso i propri carcerieri, anche nei momenti più terribili. Il taccuino, unica testimonianza scritta su un campo di prigionia giapponese, è stato pubblicato da Sellerio nel 2003 col titolo Ricordi d’arte e di prigionia di Topazia Alliata, scritto dalla figlia Toni Maraini, da tempo fuori catalogo. Proprio seguendo le pagine ingiallite di questo diario, Mujah Maraini-Melehi intraprende il proprio personale viaggio attraverso i luoghi del Giappone dove la madre Toni è nata e dove non è voluta mai tornare. Le immagini di oggi si intrecciano con le foto di famiglia, con i racconti della zia Dacia, della stessa madre Toni, della nonna Topazia (una centenaria con una lucidità impressionante, morta a 102 anni nel 2014), in una scenografia elegante e innovativa curata da Basil Twist, poliedrico artista americano, accompagnata dalle musiche di Ryuichi Sakamoto.

Dacia, Toni e Yuki foto ©Fosco Maraini – archivio famiglia Maraini

Twist, peraltro, si è ispirato all’antica tradizione teatrale giapponese del Dogugaeshi, utilizzando marionette (il famoso taglio del dito mignolo di Fosco Maraini ha lo stesso effetto emotivo, sullo spettatore, di come lo avrebbe con un attore), quinte piene di segni colorati, disegni che entrano nella scena da ogni direzione, da destra a sinistra, dall’alto al basso, si aprono per introdurre filmati, foto, interviste, invitano lo spettatore a un viaggio nella memoria. Quella dei Maraini, ma anche la nostra, la sofferenza di una famiglia Italiana ma anche quella della popolazione giapponese sfinita dai bombardamenti e dalla follia dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki.

Ma c’è anche l’orrore della violenza sugli indifesi: anni dopo, dai documenti conservati negli archivi americani si scoprì che i bombardamenti a tappeto potevano provocare terremoti, mentre dagli archivi giapponesi è emerso che era stata presa a decisione di uccidere i prigionieri e di usare, per i bambini, polpette di riso avvelenate.

Haiku sull’albero del prugno è anche il risultato di una produzione dal basso, grazie alla rete e a una campagna di crowdfunding che ha permesso di raccogliere quasi 60 mila dollari in un mese, sulla piattaforma Kickstarter. Sono stati ben 193 i finanziatori, provenienti da otto Paesi in tutto il mondo (molti dagli USA), che hanno contribuito con il loro supporto alla realizzazione del film.

Per ora, il documentario, viene trasmesso in occasione di festival cinematografici in diversi Paesi del mondo in attesa di una distribuzione nelle sale cinematorafche. E in attesa anche che qualcuno proponga di farlo vedere nelle scuole, per veicolare, attraverso la Storia e le le storie personali, un messaggio di pace e concordia tra i popoli.