Si inaugura oggi una nuova rubrica di TESSERE. Si chiama Diritti & Doveri e l’auspicio è che a tenerla siano socie e soci dell’associazione che di mestiere fanno l’avvocato o il magistrato (l’avvocata o la magistrata?), siano comunque esperti di leggi, di quegli atti cioè emessi da un organo investito della cosiddetta funzione legislativa, i quali, appunto, stabiliscono di quali diritti goda un cittadino e quali siano i suoi doveri, cosa egli possa e cosa egli debba fare.
Nasce questa rubrica per affermare una cultura che entrambi preveda, perché sempre più sembra di stare in un mondo dove i primi si possono calpestare e negare ed i secondi ignorare od aggirarli, farsene beffa. Sia stando in alto che stando in basso nella scala sociale. E questo, oltre che ingiusto, è insalubre.
Cercheremo di spiegare facilmente, in maniera comprensibile dal maggior numero possibile di persone, cosa ci sia consentito fare e cosa, a fronte di tale possibilità, ci sia d’obbligo, cosa controbilanci appunto una determinata facoltà. E lo faremo dando conto di quali sono precisamente le norme che regolano quella materia.
Iniziamo, anche se in maniera minimalista, e certamente parziale, dal “lavoro”.
Diritti
Il lavoro è così importante per la legge italiana che non solo è ampiamente trattato nella Costituzione italiana e trova ampio spazio nel Codice civile, tanto che gli articoli relativi ad esso sono raccolti in un Codice del lavoro, ma figura all’interno dei Principi fondamentali della stessa Costituzione – i primi 12 articoli – ed ispira il primo di essi, affermando che «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (art. 1), ancor prima di sancire che «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». E già qui mette in chiaro che ci sono diritti e ci sono doveri, per tutti.
Subito dopo, l’articolo 2, affermando che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo […], e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», rimanda anche agli articoli 23-25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dove si afferma:
Articolo 23
Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.
Articolo 25
Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.
L’articolo 4 della Costituzione è ancor più preciso. Afferma che «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto».
Ai Rapporti economici, e perciò ai temi connessi al lavoro, è dedicato il Titolo III della Costituzione – dagli articoli 35 a 47 – nel quale si tratta del «diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità» del lavoro e «sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»; di orari di lavoro (che sono diritti e sono doveri) di riposo settimanale e di ferie, anch’essi considerati tanto diritti quanto doveri ai quali non ci si può sottrarre. E poi di diritti delle donne in tema di lavoro, con parità di quantità e di retribuzione, e riconoscimento della loro «essenziale funzione familiare» e del ruolo di madri; di lavoro minorile; di tutela dei cittadini inabili al lavoro e del mantenimento di quanti sprovvisti dei mezzi necessari per vivere; di garanzie «in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria». Ed ancora di diritti sindacali e di diritto di sciopero.
L’articolo 35 dice che «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni», curando «la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori». Ed aggiunge che agevola la possibilità di garantire il diritto al lavoro per gli italiani che vogliono andare a cercarlo fuori dal loro Paese e per chi viene a cercarlo qui:
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.
In più: siccome l’articolo 10 della Costituzione afferma che «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge», al quale cioè sia anche impedito il diritto al lavoro, riconosce che solidaristicamente gli sia per quanto possibile dovuto il rispetto di quel diritto sul suolo italiano.
& Doveri
Affinché il diritto di lavorare sia garantito e tutti i cittadini abbiano «pari dignità sociale» e siano «eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», un dovere è dato alla Repubblica.
Suo compito, dice l’articolo 3 della Costituzione è «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
D’altra parte il cittadino stesso ha un dovere in questo senso. Lo afferma la seconda parte dell’articolo 4 della Costituzione: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
Anche agli imprenditori, a cui viene garantita libertà di «iniziativa economica privata» (articolo 41), vien posto il vincolo che essa non si svolga «in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», stabilendo che sia la legge, giuridica e non di mercato, «a determinare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
La stessa proprietà privata, «riconosciuta e garantita dalla legge», alla legge è sottoposta essendo essa a determinarne «i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti» (articolo 42).
In particolare l’articolo 43 fissa i doveri connessi ai «fini di utilità generale» soprattutto relativamente «a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale».
Vincoli, cioè doveri, sono fissati inoltre riguardo «il razionale sfruttamento del suolo» ed il rispetto di «equi rapporti sociali» (articolo 44).