Mi messaggia l’amica circa il suo malessere derivante – me lo spiega meglio quando raccoglie l’invito a telefonarmi ed usare la voce se ha da dirmi cose che ritiene importanti – da l’ultimo amore malriposto, l’ennesimo, come le faccio notare dopo aver raccolto lo sfogo mettendolo in relazione ai precedentemente vissuti.
«Non è che te le vai a cercare?», le chiedo dopo aver ascoltato i dettagli di quest’ultimo tormento, nato non so come, ma sviluppatosi secondo un cliché piuttosto frusto ed esplicitamente confessato.
Lei gli prepara succulente cene a base di pesce – «ottimamente cucinato», dice, malgrado non abbia le prove per confermarlo – che il più delle volte lui decide se consumare o meno all’ultimo momento, quando gli innumerevoli impegni di cui è oberato – al pari di quelli ai quali anch’essa mi pare sia sottoposta, senza però non trovare il tempo di dedicargli le sue attenzioni – finalmente rivelano che gli è consentita una pausa entro cui circoscrivere appunto un sarago, un dentice, un nasello, un paio di torsioni nel letto e il numero parole che ne possono residuare.
Perché inderogabilmente giunta una certa ora l’uomo, l’amico, il fidanzato, l’amante, riacciuffa scrupolosamente le sue cose – non mi è stato detto se disseminate o ordinatamente riposte –, spiega quanto sia dispiaciuto e quanto improrogabili siano gli impegni che lo attendono, cioè non più a questo punto il lavoro, né le attività legate alle sue passioni, ai suoi hobby, all’attività sportiva e a quella per così dire militante nell’organizzazione di volontariato di cui è da lungo tempo socio attivo e partecipe.
No, niente di tutto ciò lo costringe alla fuga, ma la seconda moglie, a cui deve tutto, eccezion fatta per quanto deve alla prima moglie, due figure straripanti nella sua vita, malgrado anche con la seconda si sia allentata la passione subentrandovi quel tanto di noia che la ripetitività spesso induce.
E se la prima – ad ogni incontro, chiamiamolo galante, con la mia amica – merita d’essere ricordata e di spendervi lusinghiere parole vuoi per la dedizione con cui si occupa dei figli, ormai cresciuti ma non tanto da non meritare continue attenzioni, vuoi per l’acume intellettuale e la capacità di ragionare dicendo sempre cose sensate e senz’altro da seguire, la seconda lo merita per la prorompente dote di divertirlo, farlo sorridere, strappargli una risata al termine di giornate sempre dense di malumori, incazzature, alterchi, fastidi, eccezion fatta, sia chiaro, per quanto del tempo è dedicato ai figli quasi sempre su espressa richiesta della madre, ovvero sia, come si è detto, della prima moglie. Ecco, sì, la seconda ha questo dono di natura, qualcosa che sta inciso nel suo Dna, ed è stato questo il motivo che ha innescato la sua passione, facendolo ardere al punto di non poter più completamente e a tempo pieno amare la prima moglie, quella donna così saggia e scrupolosa alla cui fonte egli continua ad abbeverarsi, tanto che non è possibile pasteggiare a sarago, dentice o nasello e fare un paio di torsioni nel letto senza rammentarne i meriti, i quali tuttavia non possono occultare quella strabordante gioiosità della seconda moglie, perciò anch’essa ha diritto alla sua dose di citazioni fra un sarago, un dentice, un nasello, e quel paio di torsioni nel letto, sempre più spesso dimezzate come dei calzini alla cui coppia uno dei due sia venuto meno, cosa che alla coppia di moglie ed ex moglie mai succede e neppure è dato che vi sia un buchetto là in cima dove l’unghia preme contro la scarpa e la frizione ragionevolmente potrebbe causare un forellino.
Avviene così, racconta l’amica, che il numero delle parole che dalla cena e dalla scopata ne possono residuare, si assottiglia ogni volta di più, tanto che sarebbe più giusto definirlo un prolungato silenzio, se non fosse interrotto dai panegirici di quelle due donne.
Ascolto con attenzione l’amica, interrompendola lo stretto necessario a comprendere quanto non è chiaro e quando infine scoppia in lacrime ripetendo lamentosa che lo ama ed è disperata perché lo ama, la lama affondo ed appunto le faccio presente che questo è il destino che lei si vuol riservare, entrando nei dettagli, dando spiegazioni, seguendo un filo logico, non mancando di dispiacere. Tace e ammette. Recentemente mi ha detto di aver contattato uno psicoterapeuta.
Le immagini che illustrano l’articolo – intitolate Stanze – sono di Lorenzo Mattotti. Sono state pubblicate senza la preventiva autorizzazione dell’artista nella speranza di non avergli procurato danno e con l’unica motivazione dell’apprezzamento per la sua opera pittorica oltre che della capacità di accompagnare il testo.