MEMORIE

La Cia ci spia. Spia anche Finardi

Come cantava Eugenio Finardi alla metà degli anni Settanta? «La Cia ci spia sotto gli occhi della polizia. La Cia ci spia e non vuole più andar via». Addirittura c’era un altro verso, poi censurato, che ventilava coperture bianco fiorite: «E con l’aiuto della Cristiana Democrazia …».

Roba da artisti, al massimo da complottisti di sinistra. Roba, però, che riemerge dalla storia e si presenta alla cronaca vera: nei milioni di pagine che la Cia ha svelato recentemente, togliendo il segreto di Stato.

Risulta tutto vero, provato, registrato e sistematizzato. Perché gli Usa avevano una paura fottuta che ci fossero anche da noi focolai rivoluzionari. Negli elenchi tra gli altri l’ex leader della Cgil Luciano Lama, il segretario del Pci Enrico Berlinguer, il senatore Pci Sergio Flamigni.

«È solo la conferma di quanto sapevamo», dice il senatore Flamigni, parlamentare del Pci dal 1968 al 1987. Che ricorda di essere stato in una lista assieme a Berlinguer.

«Ma – prosegue – una rivolta filosovietica era al di fuori del programma del Pci che era un partito nazionale».

Flamigni, nato nel 1925 si trovò a dover scegliere tra Salò e la Resistenza. Assieme a circa il 60% di quei giovani si unì ai partigiani.

Nel 1950, a maggio, la Cia scrive: «Forze paramilitari del Pci a Forlì e Ravenna non sono ancora state organizzate». Ma Flamigni, membro del Pci fin dal 1941, partigiano e segretario della Federazione giovanile di Forlì è già nella lista del 5 giugno 1950 con Enrico Berlinguer in testa perché segretario nazionale dei giovani comunisti.

Un altro sorvegliato speciale è Luciano Lama su cui la Cia indaga nel 1953. Un rapporto dice testualmente che è «una potenza a Forlì», che appare «giovane e saggio» ma anche «uomo dai metodi violenti». Aggiunge che nel 1945 era socialista, nel 1947 aderì al Pci e nel 1950 partecipò ad un viaggio a Mosca. Annotano pure i suoi interventi in un congresso a Bucarest poi – più recentemente, probabilmente siamo nel periodo caldo del 1977 – scrivono che lui e Giorgio Napolitano difesero l’intervento dello Stato, nei casi in cui fosse necessario preservare l’ordine durante lo sciopero e che volevano che il Pci tornasse su posizioni più moderate.

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