LA PAROLA

Nemico

«Per tenere i popoli a freno, di nemici bisogna sempre inventarne e dipingerli in modo che suscitino paura e ripugnanza»: è quanto riportava Umberto Eco nel saggio Costruire il nemico. Niente è più efficace, di questi tempi, per inquadrare la parola nemico che, stando al vocabolario, è semplicemente il contrario di amico. È colui che nutre verso altri sentimenti di avversione, di ostilità e si comporta di conseguenza, cercandone il danno e spesso desiderandone il male.

«Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità, ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro», è il ragionamento di Eco. L’uomo, dunque, per sua natura ha bisogno di un nemico. Il nemico è altro da noi e si comporta molto diversamente da noi. Il nemico è brutto, cattivo e puzza. Puzzava il bizantino secondo i romani, così come il saraceno secondo i crociati; i tedeschi, narra un cronista francese della prima guerra mondiale, puzzavano perché mangiavano più crauti. Neri, ebrei, pagani, zingari, lebbrosi, prostitute, saraceni, eretici, omosessuali, streghe, immigrati e rom: la nostra storia è sempre stata piena di nemici, esterni ma anche interni allo stesso paese.

«Ahi Pisa vituperio delle genti», esclama Dante nel XXXIII canto dell’Inferno augurandosi che Capraia e Gorgona si muovano e blocchino l’Arno sulla foce, fino a farlo straripare e provocare l’annegamento di tutti i pisani. Fu senza quartiere la rivalità tra la ghibellina Pisa e la guelfa Firenze.

La propaganda nazista antisemita è esplicita: «Dietro il potere del nemico c’è l’ebreo» che «ammazza i bambini e si abbevera del loro sangue». Il motto fascista “molti nemici, molto onore” è tornato di recente a essere usato, tra non poche polemiche, nella consapevole convinzione di attirare l’attenzione e quindi il consenso. Il diverso diventa un’occasione d’oro per chi ha bisogno di costruirsi un nemico. Chi arriva da un paese straniero, non conosce la lingua, non ha le stesse abitudini, la stessa religione o gli stessi comportamenti si trasforma in un nemico ideale proprio perché diverso. L’immigrato è visto come causa di tutti i mali, un capro espiatorio.

La fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda segnarono la contrapposizione tra due blocchi “nemici”, di cui il muro di Berlino divenne il simbolo. Una volta dissolto “l’impero del male”, il grande nemico sovietico, gli americani hanno rischiato di smarrire il collante fino a quando non è arrivato Bin Laden a incarnare il nuovo grande nemico. Un nemico giurato, implacabile, dichiarato, capitale.

«Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io», recita un proverbio che raccomanda così di guardarsi più dai primi che dai secondi. Arduo il cammino di chi il nemico lo ha dentro di sé: in alcuni casi la mente umana è imponderabile. Difficile l’applicazione del Vangelo di Matteo sui nemici: «Gesù disse ai suoi discepoli: avete inteso che fu detto amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano». Torna alla mente la laicissima canzone di Fabrizio De André La guerra di Piero:

«Se gli sparo in fronte o nel cuore,
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.
E mentre gli usi questa premura,
quello si volta, ti vede, ha paura
ed imbracciata l’artiglieria
non ti ricambia la cortesia».

 

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