LA PAROLA

Neologismo

Deriva dal francese néologisme, che indicava inizialmente il processo di formazione di parole nuove (néologie), come del resto lascia intendere l’origine greca del sostantivo neologismo: νέος-λόγος (neos-logos, nuova parola). Da questo primo significato, in francese, il termine è passato ben presto a indicare le nuove parole che entrano a far parte di una lingua parlata o scritta. È nel Dizionario francese-italiano di Francesco D’Alberti di Villanuova, pubblicato a Marsiglia nel 1772, che si ha la prima attestazione della parola in italiano, per definire il processo di formazione delle nuove parole. Entrambe le accezioni vengono riconosciute da Melchiorre Cesarotti nel suo Saggio sopra la lingua italiana (1785) e poi definite con maggiore precisione da Niccolò Tommaseo nel Dizionario della lingua italiana, dove neologia è «abito e modo dell’usar nuove voci non usitate nel comune linguaggio».

In linguistica, il termine neologismo, indica le parole di nuova formazione che diventano di uso comune, mentre l’insieme dei processi che conducono alla loro formazione è definito neologia, che altro non rappresenta se non il modo in cui una lingua si evolve e si rinnova.

Il ricorso ai neologismi deriva dalla necessità di dare un nome alle “novità” che entrano a far parte della vita di una comunità.

Generalmente si parla di forestierismi (o prestiti) nel caso di voci che provengano da lingue straniere (bar, match, film, ecc.) e di neologismi per le parole derivate da altri termini già presenti in una lingua.

Ci sono vari tipi di neologismi: combinatori, quando il processo mette insieme elementi della lingua, trasformando ad esempio un sostantivo in un verbo (è il caso di lottizzare, che combina lotto e il suffisso -izzare); semantici, quando il neologismo consiste nell’attribuzione di un nuovo significato ad un termine già in uso (esempio, orchestrare, mutuato dal linguaggio della musica e usato con il senso di orchestrare una congiura). Sono neologismi le combinazioni di più parole, come ad esempio giungla legislativa o lotta di classe, oppure sostantivi nati dall’italianizzazione di parole in altre lingue. Un campo dove l’informatica e il web fanno da padroni (bannare, craccare, formattare, linkare, ecc).

Praticamente ogni parola di una data lingua è stata, in qualche periodo, un neologismo, che il tempo e l’uso hanno poi reso stabile. Non sempre le parole di nuovo conio vengono accettate ed entrano nell’uso comune. Dipende dal loro significato, dalla durata del fenomeno che indicano, dalla loro capacità di fondersi con la lingua di cui sono entrate far parte, dalla diffusione e dall’uso che ne viene fatto. Parole come cliccare, ad esempio, sono di uso comune e insostituibile, mentre il “fenomeno” petaloso, dopo un breve momento di gloria  è fortunatamente scomparso  dalla lingua.

È la riprova che non basta il parere dell’autorevole Accademia della Crusca, dei linguisti, né basta l’introduzione negli aggiornamenti dei vocabolari più diffusi e prestigiosi, affinché un neologismo entri di diritto nell’uso comune. Le lingue si evolvono e si adattano ai tempi, si modificano nella forma verbale e sintattica, assistono alla scomparsa per “consunzione” di interi modi verbali, vedi il congiuntivo nella lingua italiana. Spesso a discapito dell’eleganza e della fluidità. Ma si sa, mala tempora currunt anche nella lingua.

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