LA PAROLA

Progresso

Nel Devoto-Oli Progresso è un sostantivo maschile che incede come una balena nell’oceano trascinandosi dietro tanti pesci guida o se preferite tanti sinonimi quali avanzamento, sviluppo, evoluzione, rinnovamento, miglioramento eccetera. In uno sguardo d’insieme è un vocabolo monodirezionale, nel senso che è rappresentabile come una locomotiva che con i suoi vagoni corre in un’unica e ostinata direzione. Non è immaginabile che possa fermarsi o frenarsi… Se succedesse non sarebbe più sé stesso. Dunque si estinguerebbe. O esploderebbe.

Nel mondo antico l’idea del Progresso era del tutto assente. La specie umana era vista come una forza ostile alla natura. Ostile cioè al raggiungimento della mitica età dell’oro che per i nostri tri-tri-tri-trisavoli era una mèta da cui il destino ci allontanava inesorabilmente. Solo verso il Settecento – salvo qualche eccezione: vedi Jean Jacques Rousseau che auspicava un ritorno alla vita primitiva – progresso divenne la dimensione di riferimento della modernità. Qualcosa che misurava il nostro modo di stare su questa terra e anche di giustificare il perché si era su questa terra. L’illuminismo infatti ci portò Voltaire che vedeva la civiltà come il prevalere della ragione sull’irrazionale i cui antichi figli – dell’irrazionale intendiamo – erano le guerre, il fanatismo religioso, la decadenza medievale.

Se Voltaire aprì la porta, Auguste Comte con il suo positivismo e la sua teoria sull’evoluzione della società, la sfondò. Per lui il progresso era evoluzione del pensiero, delle facoltà dell’uomo e della sua organizzazione di vita. Grazie a questo nuovo modo di pensare trovò spazio scientifico un genio assoluto come Charles Darwin ma anche gli idealisti tedeschi che costruirono le premesse per l’arrivo di Carl Marx e della sua analisi della società capitalistica.

Oggi questa parola – progresso – è in forte crisi. Complice il relativismo culturale (forse) certo la consapevolezza che i problemi che ci stanno di fronte siano troppo grandi e misteriosi per essere affrontati con le nostre attuali conoscenze.

Progresso infatti è un termine ottimista. Marx riprendendo la filosofia di Hegel vedeva la linea della storia, cioè il progresso, come la freccia del tempo per i fisici. La famosa equazione di Rudolf Clausius (che riconosce il fluire del tempo come intuì Ludwig Boltzmann) che stabilisce che il calore passa sempre e solo dai corpi caldi ai corpi freddi e non c’è verso del contrario. Grazie a questa idea del progresso Marx donò speranza a milioni di persone che poterono finalmente immaginare il mondo andare verso una sola direzione: quella della consapevolezza politica e dunque del cambiamento.

Oggi di tutto questo non c’è più traccia. Oggi è impossibile immaginare il futuro. Sia esso roseo o plumbeo. Oggi non sappiamo dove si stia andando. Se avremo cioè una direzione o se saremo falene che ruotano impazzite intorno a un lampione. Problemi come il cambiamento climatico, il raggiungimento o meno della fusione nucleare, la demografia per il controllo delle nascite, le grandi migrazioni, ci appaiono come i fronti di una tempesta che ci ha investito e ci investirà ancora, verso la quale non abbiamo strumenti di analisi efficaci, né capacità di resistenza. Il futuro del mondo insomma ci appare come l’abisso. È per questo che alcuni vorrebbero cambiare senso di marcia, andare in una direzione ostinatamente contraria. È anche per questo (forse) che la bizzarra idea della decrescita felice grillina, ha preso piede in Italia. Ma è un’idea di resa. Un’idea pessimista e negativista (passate il termine). Un’idea che bandisce per statuto, al suo interno, la parola speranza.

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