EUROPA LUOGHI

Quei temerari contro i muri di Belfast

Il lavoro dei volontari che a Belfast tentano di abbattere le 100 peacelines che ancora dividono la comunità cattolica da quella protestante e tengono acceso un odio mai sopito, neanche dal Good Friday Agreement con cui vent’anni fa, nel 1998, venne sancita la fine del conflitto. Passione e tenacia per far vincere la pace in una terra sconvolta dall’odio religioso e dagli squilibri sociali.

Belfast è una città straordinaria in cui rimbomba ancora l’eco di un passato incandescente. Un passato che appare remoto al presente, con i turisti che si fermano a Falls Roads a fotografare i murales su cui si racconta l’epopea dell’Ira, di Bobby Sands e degli anni duri dell’occupazione inglese. O che si accalcano al Titanic Quarter per visitare il memorial della nave protagonista del più famoso naufragio del XX secolo. Eppure non è per niente facile dimenticare i giorni cupi dei Troubles che per trent’anni hanno insanguinato il Paese. Basta fare un giro nella parte ovest della città per notare che ancora tante cicatrici di quella guerra sono ancora evidenti. Ne sono un esempio le peacelines, una lunghissima serie di barriere di metallo munite di filo spinato che attraversano il cuore della città. La prima fu eretta più di 40 anni fa dall’esercito britannico. Serviva a tenere a bada le tensioni tra le due comunità, quella cattolica e quella protestante, divise da un odio secolare. Una rete in piedi ancor oggi, a quasi vent’anni dal Good Friday Agreement che nel 1998 sancì la fine del conflitto.

Uno studio del 2012 ha rilevato che a Belfast‘esistono 100 peacelines. Non solo muri di metallo ma anche recinzioni di ogni tipo e cancelli che, in alcuni tratti, vengono chiusi al transito di auto e persone dopo le dieci di sera per essere riaperte alle sei del mattino, d’estate e d’inverno. Nonostante un progetto governativo che prevede l’abbattimento di tutte le peacelines entro il 2023, il cammino verso la normalizzazione sembra ancora molto lontano.

Non la pensa così Rab McCallum, ex militante Ira che invece ha deciso di rimboccarsi le maniche e lavorare all’abbattimento di quelle barriere. Insieme agli altri volontari del gruppo North Belfast Interface Network, promuove una serie di iniziative per favorire il dialogo tra le due comunità. Primo risultato del loro lavoro, una mappa interattiva di tutte le peacelines presenti in città.

«Un’operazione lunga e complessa – spiega Mc Callum – che ha coinvolto molti volontari, utile per migliorare la comunicazione tra gli operatori del network impegnati a monitorare quotidianamente la situazione per prevenire le occasioni di conflitto tra le parti».

McCallum e il suo team agiscono in sincronia con gli operatori di comunità del versante protestante della peacelines di Ardoyne, un quartiere cattolico di North Belfast, da sempre teatro di violentissimi scontri. I due gruppi lavorano costantemente per disinnescare le tensioni, soprattutto durante la stagione delle parate orangiste. Come quella del 12 luglio che celebra la vittoria delle truppe di William d’Orange guidate da Oliver Cromwell sui ribelli cattolici nel 1692. La ricorrenza, The Twelth, come lo chiamano da queste parti, è da sempre scandita da scontri durissimi tra le due fazioni, con feriti e arresti di massa. Negli ultimi due anni comunque, grazie al lavoro dei comitati per la pace, le cose sembrano andare per il meglio. E mentre c’è chi guarda al 2023 come l’anno in cui tutti i muri di Belfast crolleranno, bisogna ancora fare i conti con difficoltà di ogni genere, anche di ordine burocratico.

«Non esiste un meccanismo formale per lo smantellamento delle peacelines», spiega Brendan Clarke, altro responsabile del North Belfast Interface. «La mancanza di un controllo legislativo – aggiunge – è aggravata dalla mancanza di linee guida chiare per un futuro accordo comunitario. Basta pensare che tante barriere, qui nella zona, sono state costruite di notte in fretta e furia, magari in seguito a una rissa. Così anche la denuncia di un singolo residente, può essere sufficiente a mantenere lo status quo. Ma se una singola voce può porre il veto, molte voci possono imporre il cambiamento e noi stiamo lavorando in questa direzione».

Ne è un esempio il progetto Draw Down The Walls, nato per gli alunni delle scuole delle due comunità. «Per esprimere tramite il disegno pensieri ed emozioni sulle barriere fisiche e le pareti di segregazione», come spiega Clarke che aggiunge: «Ai giovani vogliamo dare il messaggio che tutti i muri di Belfast sono solo la manifestazione di divisioni nate dall’odio di un passato da lasciarsi alle spalle per costruire tutti insieme un futuro migliore».

Così è nato il gruppo Ardoyne Youth Club, formato da giovani e giovanissimi che hanno creato Breaking Through Barriers. Organizzano concerti di bands emergenti e serate di puro divertimento in cui ognuno è il benvenuto. Musica ma anche sport. Come Cycling against suicide, gara di ciclismo annuale, contro la piaga dei suicidi che in Irlanda del Nord raggiunge punte altissime.

Il lavoro del network si orienta anche in altri ambiti cercando di raggiungere la parte adulta della comunità, più dura a recepire il messaggio, organizzando incontri misti, al di qua e di là delle peacelines. Sviluppo le diverse identità culturali attraverso attività sociali, e pongono l’accento sull’accesso all’istruzione e all’occupazione. Per lavorare insieme come “un’unica voce” così forte da dialogare con tutti, con la città e con il mondo, qui, all’ombra dei cento muri di Belfast.

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