ATTUALITÀ THE DARK SIDE OF THE NEWS

Se domina l’incertezza

Il 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2019, racconta un Italia sfiduciata, ansiosa e dominata dall'incertezza, attratta dall'uomo forte, sempre più intollerante e razzista
foto: Depositphotos

Nell’annuale fotografia scattata dal Censis la parola dominante è incertezza. Il 65% degli italiani la indica quale parola chiave: incertezza per la crisi economica e conseguente ansia per il futuro, sfiducia verso il prossimo. Uno stato d’animo collettivo che si traduce in pulsioni antidemocratiche, nell’attesa messianica dell’uomo forte che tutto risolve, nella deriva verso l’odio, l’intolleranza, il razzismo, l’antisemitismo.

Come ogni sintesi, anche lo scatto del Censis fatica a contenere una tale foto di gruppo e molti sono i volti, le figure che non appaiono. Che hanno assai più da dare che da dire. Per fortuna. Eppure il disagio si fa via via più grande e cresce di pari passo con l’incedere del tempo.

Mai come oggi sento di vivere in una società che offende la parte migliore di ognuno di noi, la più incline alla pace e alla tolleranza, che non ammette mai d’aver sbagliato, anche quando le testimonianze sono evidenti, che finge generosità e poi si perde nel proprio egoismo. Questo vecchio mondo, qualcuno mi sussurra, rantola, ma a volte le agonie durano a lungo.

Da decenni ormai si parla solo la lingua del successo, rivolta a una società distratta, ma insieme competitiva e aggressiva, sorda al riconoscimento dell’altro. Tutto si misura col denaro, il dio che governa le nostre coscienze, anche a prezzo della corruzione sino agli estremi del delitto. Se offri una simile chiave di lettura sei preso come un ingenuo rétro, anche nelle menti più disposte.

Eppure è il denaro, nel suo viaggio da mezzo a fine, che ci ha condotto su strade senza sbocco: le cose al posto dei gesti; il successo al posto della coscienza di avere svolto al meglio il compito al quale siamo chiamati; il tutto dovuto e non il poco conquistato che si somma e diventa in noi un tutto per sempre.

Fermarsi e attendere che la bufera passi è illusorio. In tanto pessimismo, non so se della ragione, si fa strada una necessità interiore: riprendere il cammino e poco importa se la folla procede in direzione contraria.

Ripartendo da una parola antica: rispetto dell’altro, chiunque sia, vissuto non strumentalmente, ma nei suoi bisogni profondi, nelle sue necessità primarie che si chiamano, per esempio, casa e lavoro. Non è facile dopo decenni vissuti nell’orgia di un inarrestabile progresso. Ma la cultura è proprio questo: insegnare ai giovani che la felicità sta altrove e la si raggiunge in tappe diverse.

Già, la cultura. Far luce sulle zone dell’impossibile, diceva il gran maestro Strehler, dove vivono migliaia di persone che non sanno proprio che cosa sia e a che cosa serva.