LA PAROLA

Solitudine

La definizione del vocabolario è scarna. Recita la Treccani: «La condizione, lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura». Ma anche la «condizione di chi vive solo, dal punto di vista materiale, affettivo e simili». Di essa, dice ancora il dizionario, la si può amare o desiderare, cercare o fuggire, temerla. È poi un «luogo solitario, disabitato», come quando si dice «la solitudine dei monti».

C’è dunque poco da scriverne e il lettore finanche si chiederà perché venga qui proposta alla sua attenzione, non nascondendo particolari significati che possano renderla particolarmente interessante. Si aggiungerà quindi poco, solo il valore tanto positivo quanto negativo dei verbi che le si sono affiancati: fra i quali, però, prevalgono i secondi, quelli che la indicano come una bestiaccia nera, da scansare quanto più possibile. Questo è, purtroppo, quanto il più delle volte vogliono farci credere. Come se, invece, non ci fosse bisogno di essa, per raggiungere la propria pienezza, per esser davvero quel che si è e non quanto gli altri si aspettano da noi.

Sì, è vero, può essere un orribile spettro, lo sa chi l’ha provata forzatamente. Ma riserva anche straordinarie sorprese. Tra cui quella del monologo interiore che, se ben condotto, porta a una felice consapevolezza. Con la quale si sta benissimo in compagnia. «Parlami di te bella signora», cantava Gianni Morandi. Ascoltatela quella Bella signora.