LA PAROLA

Speranza

«La speranza è l’ultima a morire», ma anche «Chi visse sperando, morì….». E qui meglio fermarsi per non essere scurrili. Cosa rappresenta la speranza, per essere oggetto di due esempi di saggezza popolare così distanti tra loro? Perché, se la speranza è l’ultimo baluardo della vita, vivere sperando non produce altro che tardiva disillusione?

Da quando l’uomo esiste, pensa, ha consapevolezza di sé e scrive, la speranza è stata oggetto di “riflessioni” di natura mitologica, filosofica, teologica ed è stata cantata dai poeti di ogni tempo e di ogni luogo.

È personificata in Elpis per gli antichi greci, è anche uno dei doni contenuti nel celebre Vaso di Pandora, l’unico a non uscire insieme a tutti gli altri, secondo la narrazione del poeta Esiodo. Per i romani è Spes, l’equivalente di Elpis, venerata come una dea, da cui deriva il nome comune spes e il tardo latino sperantia. Spes contiene la radice sanscrirta spa- che significa, appunto, “tendere verso una meta”.

Per il dizionario Treccani è quello «stato d’animo di aspettazione fiduciosa della realizzazione di ciò che si desidera»; è la seconda delle virtù teologali nella morale cattolica, il mezzo con il quale il credente aspira alla visione beatifica di Dio. C’è la speranza matematica, un valore statistico che, nel gioco d’azzardo, è il prodotto fra la somma da vincere e la probabilità di vincerla (expected value, in inglese). In marina si ha la cosiddetta ancora di speranza, l’ultima, quella di riserva.

Dal Paganesimo al Cristianesimo, dalla dea cui rivolgersi timorosi in segno di buon auspicio, a virtù astratta di attesa che le promesse della divina provvidenza si trasformino in salvezza; dall’aspettativa in una miracolosa vincita, all’auspicio di non morire annegati su una nave in balia dei flutti, la speranza altro non è che attaccamento alla vita e desiderio di un’esistenza migliore, lo slancio verso qualcosa che non si può ancora vedere, ma che aiuta ad andare avanti. «Soffre più chi spera sempre o chi non sperò mai in nulla?», si chiedeva il poeta Pablo Neruda.

Può essere considerata un sentimento, un’attesa fiduciosa che il desiderio si avveri senza che si debbano compiere azioni perché ciò accada. Anche il più pessimista degli uomini nutre una speranza, quella nel tempo futuro che porterà alla soddisfazione dei propri sogni, tanto vagheggiata, per dirne uno, dal Leopardi. Salvo poi arrivare al concreto e cominciare subito a sperare in altro…..Fino alla morte, cui la speranza in un tempo migliore ci accompagna per evitare di suicidarsi prima.

Perché in fondo, «chi visse sperando, morì….».

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