LA PAROLA

Tiro

«Dammi il tiro». «Ti dò subito il tiro». «Il tiro non funziona». «Si prega di non dare il tiro agli sconosciuti»… Queste e altre analoghe sono espressioni che si possono sentire solo in giro per Bologna. E in quasi tutti gli androni dei palazzi campeggia una doppia pulsantiera con le scritte “tiro” e “luce”. Ma che cos’è il tiro? È il pulsante nell’atrio di uno stabile o sul citofono all’interno di un appartamento che serve per aprire il portone.

Il termine è talmente radicato nella cultura popolare che molti bolognesi pensano sia di uso comune in tutta Italia e regolarmente compreso nei dizionari. Non ha nulla a che vedere con il popolare “tiro di sigaretta” o con il gergale “tiro di cocaina”, ma deriva proprio da verbo tirare nella sua prima accezione: «Trazione esercitata su un oggetto in modo da spostarlo, metterlo in tensione», secondo quanto riporta il Sabatini-Coletti.

L’espressione ha a che fare con la conformazione delle tipiche case bolognesi, quasi tutte con portici molto alti, in modo che potessero entrare dal portone anche persone a cavallo, e con corti interne dove lasciare gli animali. Di conseguenza gli appartamenti al piano nobile si trovavano molto in alto rispetto alla strada. Per questo, nei secoli passati, ogni portone era collegato con una catena o una corda ai piani superiori in modo che chi voleva entrare spingeva un bottone azionante una campanella e chi voleva aprire tirava con un colpo secco la catena o la corda collegata alla serratura. Nato in epoca in cui i palazzi erano illuminati dalle candele, il modo di dire è rimasto anche dopo l’avvento dell’energia elettrica. A Bologna quindi anche i postini dicono abitualmente: «Posta in buca. Mi dà il tiro?».

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