INTERVISTE VISIONI

Totò, uno e trino

Totò era un buon diavolo o semplicemente un diavolo? Era un Giano divertente o la sua forza aveva un lato oscuro? Quanto è presente e viva la componente diabolica nella sua maschera, apparentemente, innocua e popolare?

Non è facile rispondere a queste domande. Ci ha provato Enrico Zoi, fiorentino, giornalista, scrittore, autore di libri e testi teatrali, nei suoi anni di studio sull’uomo e sul personaggio Antonio De Curtis/Totò. Poi, per condividere le sue impressioni e le sue conclusioni ci ha scritto sopra una piece teatrale, un monologo dal titolo Dr Jekill e mister(o) Totò, interpretato dall’attore Massimo Blaco. Lo spettacolo, peraltro, apre la terza stagione teatrale (curata dal Teatro dell’Inutile”) al circolo culturale di Antella/Bagno a Ripoli, a pochi passi da Firenze.

Indubbiamente questa interpretazione particolare del grande attore teatrale e cinematografico suscita curiosità. A Zoi il compito di raccontare questo lato del principe DeCurtis e convincere che qualcosa di benevolmente diabolico albergava in lui e nel suo personaggio

 Perché un monologo su Totò?

Sono due le ragioni che mi hanno indotto a scrivere questo testo: la prima è che Totò fa parte dei miei ricordi, della mia cultura cinematografica. Appartengo a quella generazione che i film di Totò li ha visti anche al cinema oltre che in TV, dove tutt’ora vengono passati. Ho nella memoria le immagini di Toto di notte N° 1, con Erminio Macario a far da spalla, che scorrono sul grande schermo del mitico “Universale” (un cinema storico di Firenze, uno dei primi ad essere aperti nel secondo Dopoguerra, ndr.) e che mi tornano alla mente tra i ricordi di infanzia.

La seconda ragione è d’occasione, perché Totò è scomparso il 15 aprile del 1967 e quest’anno ricorre il cinquantenario della sua morte. Ho scritto il monologo Dr Jekyll e Mister(o) Totò, che peraltro è stato presentato al Teatro della Compagnia di Firenze il 12 aprile 2017, per celebrare questo grande attore e uomo di teatro. Non ho voluto solo scegliere un artista che amavo, ma anche e soprattutto un personaggio che rappresentasse qualcosa in più per la storia del nostro cinema e della nostra cultura.

Totò, pur nella sua grandezza, non era poi così apprezzato in vita, soprattutto da certa critica, diciamo, più spocchiosa. Come se lo spiega, visto che i suoi film erano comunque un successo?

Non c’è una risposta sola a questa domanda ed è difficile dare una spiegazione univoca al rapporto di Totò con la critica a lui coeva, tendenzialmente un po’ snob, soprattutto se si considera quanto il suo modello di attore cinematografico e teatrale abbia influenzato e tuttora influenzi chi si cimenta con questa arte. È uno dei motivi per cui ho usato la parola mistero, pur nel gioco di parole con mister, nella seconda parte del titolo del monologo. La domanda rientra tra gli aspetti misteriosi del personaggio, così speciale nella sua grandezza, quanto nelle sue debolezze.

È vero che non è stato così apprezzato dalla critica contemporanea quanto avrebbe meritato e, personalmente, credo che una piccola parte di complicità in questo ce l’abbia lui stesso. Totò ha girato più di 90 film, accettando più o meno tutti i copioni che gli venivano sottoposti, non soffermandosi più di tanto sulla qualità della sceneggiatura o del soggetto. E anche nell’ultima parte della sua carriera, quando ha legato il suo nome a registi del calibro di Pasolini, la mia personale impressione è che, pur nella bellezza di film quali Uccellacci e uccellini e La terra vista dalla luna, episodio de Le streghe, non fosse quello il destino di un Totò diverso dal consueto, per lo meno non solo quello, e che meritasse, se non di meglio, certo di più.

Fu lui stesso però a dire «ho girato diversi film mediocri, altri che erano veramente brutti, ma, dopo tutta la miseria patita in gioventù, non potevo permettermi il lusso di rifiutare le proposte scadenti e restarmene inattivo…»

Era fatto così: il principe Antonio De Curtis, austero, elegante, raffinato e forse persino un po’ triste, legato alle sue consuetudini, si sdoppiava nel personaggio Totò, come se fossero due anime distinte e del tutto diverse. Totò era il carnevale, il momento di follia e di creatività del principe De Curtis.

Questa considerazione porta direttamente alla domanda sulla prima parte del titolo. Perché affiancare mister(o) Totò al dottor Jekyll?

Devo tornare sul concetto del dualismo, che qui si fa più complicato. Secondo la mia interpretazione del personaggio, Totò ha dato il meglio di sé nella prima parte della sua filmografia, quella in cui è stato più dirompente e innovativo. Proprio perché all’inizio le sue potenzialità e il suo stile erano sconosciuti e veniva, per così dire, lasciato libero di inventare il personaggio, di arricchire la recitazione con quelle espressioni che lo hanno reso celebre, con quella mimica esasperata, con i giochi di parole e le invenzioni lessicali. Era davvero esplosivo.

In questa fase della sua carriera, osservandolo attentamente, ascoltando i dialoghi, analizzando le allusioni e la simbologia filmica, ho visto delle componenti, mi si passi l’aggettivo, “demoniache”.

Totò aveva fin dall’inizio rovesciato le consuetudini della normalità.

Per fare un esempio, nel film Totò cerca moglie ci sono scene in cui il suo personaggio si muove come molti demoni cinematografici (di quelli reali non ho esperienza!).

Siamo a una tripla personalità, quindi. Antonio De Curtis che ha un alter ego in Totò e Totò con una componente “normale” e una “demoniaca”?

In Totò convivono due “esseri”, il comico e il demoniaco. È un’osservazione che non ho fatto io, ma Cesare Zavattini, una delle più rilevanti figure della storia del cinema italiano.

Ci sono molti film, in cui i gesti, gli atteggiamenti, le espressioni, i dialoghi, i simboli, la vicinanza con alcuni animali (il corvo di Uccellacci uccellini) sono, a mio parere, allusioni a un mondo di simboli di natura demoniaca. Nel mio monologo questa tesi viene proposta e dimostrata con alcuni spezzoni di film e con varie citazioni di frasi, personaggi e passaggi dei loro dialoghi.

Fin da subito Totò si è posto in un modo particolare, come dire, al contrario: nel suo primo film, Fermo con le mani, entra in scena dormendo, svegliandosi poco dopo. Dorme con il materasso sopra e non sotto di sé, dove dovrebbe stare. È la realtà rovesciata di cui abbiamo parlato prima. Fin dalla sua primissima apparizione sul grande schermo!

Questo aspetto demoniaco è voluto? O meglio, Totò ne era consapevole?

Chi può dirlo? Totò era un attore, non è mai stato un regista, recitava.

Potrei rispondere con una frase di Alberto Sordi, che ho avuto l’onore di incontrare e conoscere a Firenze, dove era venuto a presenziare alla proiezione del film di Ettore Scola Romanzo di un giovane povero, del 1995. In quell’occasione gli venne fatta una domanda sul personaggio del signor Bartoloni, che Sordi aveva interpretato in maniera grandiosa. La sua risposta, molto meno profonda della sua performance e anche un po’ fuori tema, fece capire che aveva recitato quella parte affidandosi alla pratica e all’istinto, non calandosi razionalmente nel personaggio.

Ecco. Può darsi che anche Totò, in un certo senso, non si rendesse pienamente conto dell’ipertesto, delle sue battute o invenzioni lessicali e del suo modo di recitare, ma, da immenso artista e attore puro quale era, nonché da portatore sano di una lunghissima tradizione popolare, interpretasse istintivamente i personaggi. Con tutto quello che ne è conseguito: tra demonio e santità, tra… Dr. Jekyll e Mister(o) Totò!

Enrico Zoi, Dr Jekill e mister(o) Totò, con Massimo Blaco, Circolo ricreativo culturale Antella, via di Pulicciano 53, Antella/Bagno a Ripoli, Firenze, 16 novembre ore 21.

Info e prenotazioni 055 621207, 347 4440397, info@crcantella.it

 

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