Elettra Domini è una giovane e promettente collaboratrice di TESSERE, ma in questo articolo, prima di tutto è una studentessa del liceo ginnasio statale “Marco Minghetti” di Bologna, sul cui portone, nei giorni sorsi, sono state disegnate alcune svastiche. Elettra racconta in prima persona la reazione sua personale e quella degli altri ragazzi della scuola a quel gesto di stupidità e ignoranza. E del sentimento che lei e i suoi compagni provano: quello di perdonare, senza nemmeno per un istante voler dimenticare, perché il perdono, a volte, è la punizione più grande.
Sul portone del liceo classico Minghetti di Bologna, che frequento, una o più mani ignote, qualche notte fa, hanno disegnato delle svastiche. Unanime è stata la condanna dei rappresentati dell’istituto. È stato sottolineato come «non siamo interessati ad aprire una caccia alle streghe, per cercare i chi, i come, i quando». Piuttosto il 25 e il 26 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, al Minghetti abbiamo organizzato un’assemblea d’istituto particolare, in collaborazione tra studenti, professori e ospiti esterni, incentrata non solo sul ricordo di ciò che furono la Shoah e le conseguenze dell’ideologia nazista, ma anche sull’importanza odierna della Resistenza e del ricordo. E abbiamo invitato calorosamente gli autori di questo gesto a presentarsi a queste due giornate. A sentire in prima persona che cosa fu e a cosa portò il simbolo che con tanta leggerezza hanno disegnato sul portone della nostra scuola.
Stento a credere che questo sia il gesto di una persona colta, di chi dà peso a ciò che lo circonda, alle cose che studia, alla vita stessa. Un simbolo – neanche fatto nel verso giusto – con un significato così grande, così terribile, appoggiato quasi distrattamente al portone di un liceo classico. Una scuola che non è solo di chi la frequenta, ma di tutti quelli che vogliono sentirsi parte di un progetto che vada oltre semplici parole di pace e promesse di un futuro rispettoso. Noi amiamo questa scuola, questa casa, come tutti dovrebbero amare il luogo in cui, per tutta l’adolescenza, crescono, imparano, odiano, piangono, amano.
E sappiate, voi che pensate di aver fatto un dispetto, di aver ferito l’orgoglio con un semplice e cancellabile gesso, che quello che è stato fatto, il significato che sta dietro a un simbolo, non è cancellabile. Ha lasciato il segno per sempre e sempre verrà ricordato. Ma il Minghetti perdona.
Perdona in nome di chi è morto in una camera a gas, in nome di chi ha vissuto gli ultimi attimi della propria vita guardandosi il tatuaggio di un numero sul braccio, in nome di chi è superiore e lo sa, di chi attraverso una disgrazia ha scoperto se stesso. Perdona chi non ha mai aperto un libro e pensa di poter parlare, chi ha paura di ciò che non conosce, chi evita il bene perché sa che scegliendolo si soffre inevitabilmente, ma non ha capito che la sofferenza porta a una gioia ben più grande.
Il Minghetti, gli studenti, le persone, tutti noi, vi perdoniamo. Perché non c’è punizione più grande per qualcuno, che convivere con il vuoto che ha dentro.