Il 18 agosto 1912 nasce a Roma Elsa Morante, scrittrice, saggista, poetessa, considerata fra le scrittrici ed intellettuali più rappresentative del secondo dopoguerra.
Si sarebbe dovuta chiamare Lo Monaco, in quanto nacque da Irma Poggibonsi, maestra ebrea originaria di Modena, e Francesco Lo Monaco, impiegato delle poste, ma Elsa prenderà il cognome del coniuge della madre, Augusto Morante, sorvegliante in un istituto di correzione giovanile. Trascorse la primissima infanzia nel quartiere popolare del Testaccio, del quale amò la vitalità genuina, in contrasto con l’ipocrisia della società dei borghesi e dei benestanti. Fin da bambina amò la scrittura, per lei una vera vocazione, e scrisse favole, poesie e racconti per ragazzi, illustrandoli personalmente.
Elsa concluse gli studi liceali, decise di andare a vivere da sola e di iscriversi alla facoltà di Lettere, ma a causa delle sue scarse risorse economiche, dovette abbandonare gli studi universitari, mantenendosi scrivendo tesi di laurea e dando lezioni private di italiano e latino. In questo periodo ha modo di fare importanti esperienze collaborando al settimanale “Oggi”. Grazie al pittore Capogrossi, nel 1936 Elsa Morante conosce Alberto Moravia, che sposa nel 1941.
Con il marito, il legame è turbolento, alterato da continui disaccordi, con continue crisi che via via lo indeboliscono. Nella Morante si alternano un bisogno di autonomia ed una forte esigenza di protezione e di affetto. Allo stesso modo, aspira e rifugge dal suo desiderio di maternità, a cui infine rinuncia definitivamente, per poi pentirsene anni dopo. Si separó ufficialmente da Moravia nel 1961, ma i due scrittori non divorziarono mai e si tennero a stretto contatto, come dimostra la raccolta di lettere scritte da lui, recentemente pubblicate.
Per un lungo periodo, la Morante viaggió in giro per il mondo, dalla Russia alla Cina, fino al Brasile e all’India, accompagnata da ricordi, dubbi, ossessioni e paure, dovute ad un animo inquieto, alla sua grande sensibilità e fragilità emotiva. A causa di un intervento, perse l’uso delle gambe e tentò il suicidio. Moravia, terrorizzato dal pensiero di una reiterazione di quel gesto, la fece ricoverare in una clinica, per garantirle cure ed assistenza.
Elsa Morante, dopo un altro complesso intervento chirurgico, morì per un infarto, nel 1985, a 73 anni. Restano le sue opere, frutto della sua inesauribile vena di narratrice e del suo stile particolarissimo: il suo capolavoro, il romanzo La storia, del 1974, dolente epopea degli ultimi, dal respiro verghiano; Menzogna e sortilegio, pubblicato nel 1948, il suo primo romanzo, che vinse il Premio Viareggio e fu tradotto e poi pubblicato anche negli Stati Uniti col titolo House of Liars nel 1951; L’isola di Arturo, edito nel 1957 e vincitore del Premio Strega, oltre che ispiratore dell’omonimo film diretto da Damiano Damiani, storia di un’infanzia favolosa, chiusa nello scrigno di un’isola bellissima, interrotta dall’irrompere dalle sofferenze del primo amore e dallo smascheramento del mito paterno, libro che fu il suo vero primo vero grande successo; la raccolta di racconti Lo scialle andaluso; le poesie delle sillogi Alibi e de Il mondo salvato dai ragazzini; l’ultimo romanzo, Aracoeli, che narra di un viaggio alla ricerca di una madre perduta.
Elsa Morante fu una testimone del Novecento e del tramonto di ideali ed illusioni; una voce poetica e disperata contro il maglio della Storia, che si abbatte sempre sulla povera gente. Così la descrive Italo Calvino, in una lettera del 1950: «Tu che ti leghi per la vita e per la morte, quasi t’identifichi con le cose che fai. Ma vedi, tu appunto hai questo dono di ricondurre ad unità gli elementi più disparati. Tu senti che il mondo è fatto a pezzi, che le cose da tener presente sono moltissime e incommensurabili tra loro, però con la tua lucida e affezionata ostinazione riesci a far tornare sempre i conti».