LA DATA

19 febbraio 1896

Una vita movimentata quella di André Breton, poeta, critico d’arte, teorico della letteratura. Nato a Tinchebray (Orne) il 19 febbraio 1896, figlio unico e bravo studente, comincia a pubblicare versi nel 1912, sul giornale del College Chaptal di Parigi. Scopre in questi anni la grande poesia di Rimbaud, Baudelaire, Mallarmé e si appassiona all’arte, con una predilizione verso quella primitiva; da adolescente si avvicina alle idee anarchiche, alle quali tornerà nell’ultima parte della sua vita. Nel 1913 si iscrive a medicina e continua a scrivere poesie, che fa leggere a Paul Valéry: parte per il militare nell’infausto 1915, e manda ad Apollinaire la sua pièce Décembre. In guerra fa l’infermiere militare e scrive, stringe rapporti d’amicizia e si appassiona alla psichiatria. Quando torna a Parigi, nel 1917, fa amicizia con Louis Aragon, anche lui studente di medicina, e con Philippe Soupault: i tre lavorano a progetti comuni tra letteratura e arte visiva, e nel 1919 fondano la rivista Littérature, massima espressione del dadaismo francese e che nel corso degli anni diventerà il centro di incubazione del movimento surrealista; nello stesso anno conosce Tristan Tzara e si entusiasma al Manifesto Dada 3. Sono anni di vivace fermento culturale a Parigi, Breton è uno dei protagonisti sulla scena: conosce e pubblica sulla sua rivista autori come Jean Cocteau, Max Jacob, Tristan Tzara, Paul Éluard.

La sua prima raccolta poetica, Mont de piété, è illustrata da disegni di André Derain; diventa nel frattempo anche medico ausiliario, e fa amicizia con Francis Picabia. Il suo interesse per l’arte e la letteratura supera di gran lunga quello per la medicina, e non proseguirà oltre la professione. Inizia invece a lavorare per l’editore Gallimard, al servizio abbonamenti della Nouvelle Revue Française; l’entusiasmo per il dadaismo, al quale viene dedicato un intero numero di Littérature, comincia a scemare un paio d’anni dopo, quando abbandonerà in contemporanea sia il dadaismo, sia il suo lavoro per Gallimard.

Nel 1921 Jacques Doucet gli offre un posto da bibliotecario, e Breton gli consiglia alcuni acquisti d’arte molto importante, a cominciare da Les demoiselles d’Avignon di Picasso ma anche quadri di Rousseau il doganiere, Henri Matisse, Max Ernst, Francis Picabia, Giorgio De Chirico, Marcel Duchamp, Man Ray: del resto far conoscere gli artisti è una sua vera e propria vocazione.

Si sposa nel 1921 e si stabilisce con la moglie al 42 di rue Fontaine, dove lui resterà fino al 1949; in questo periodo conosce anche Freud, che però non si appassionerà mai molto alle sue sperimentazioni nate dalla psicologia. Tra esperimenti di scrittura sotto ipnosi, sedute spiritiche, raccolte di oggetti vari trovati per strada, ritagli di giornali che formano collage di parole, maschere africane e oggetti sacri, l’atelier di rue Fontaine diventa il luogo prediletto per discussioni sull’arte, sul sogno e sulla letteratura. Nel 1923 esce la raccolta poetica Clair de terre che contiene un ritratto dell’autore in acquaforte di Picasso, una trentina di poesie e cinque racconti di sogni; poco dopo viene pubblicata anche  l’antologia di articoli Les Pas perdus.

Nel 1924 firma il primo manifesto del Surrealismo, firmato anche da Aragon, René Crevel, Robert Desnos, Paul Éluard, Pierre Naville, Benjamin Péret, Soupault e Roger Vitrac; Breton allega al manifesto la sua raccolta Poisson soluble. Chiusa la seconda serie di Littérature, parte lancia in resta per un nuovo progetto, la rivista La Révolution surréaliste, che esce a fine 1924 con collaboratori del calibro di Antonin Artaud, Michel Leiris, Joan Miró, René Magritte, Raymond Queneau; il movimento coinvolge tutte le arti, anche il cinema e la pittura. Il gruppo apre un ufficio al 15 di rue Grenelle dove si tengono riunioni e spettacoli, è una vita comunitaria e libera alla quale partecipano in molti, sperimentando: «il gioco, in particolare quello con le parole, è per i surrealisti il veicolo elettivo di una rivelazione intesa come punto supremo dello spirito in cui il comunicabile e l’incomunicabile, il reale e l’immaginario cessano di opporsi, strumento della volontà di decifrare il mondo. André Breton non ama la parola “invenzione”, preferisce parlare invece di “rivelazione”: il gioco di parole rivela significati nascosti, nel senso che risveglia, suscita, rianima significati che abbiamo represso, taciuto. Solo considerando la parola in sé e studiando molto da vicino le reazioni delle parole le une sulle altre, afferma ancora Breton, si può sperare di ridare al linguaggio la sua piena destinazione e con ciò far compiere un passo in avanti alla conoscenza e esaltare in pari misura la vita» (Andrea Carubi, Cadavere Squisito).

Usciranno altri due manifesti surrealisti, uno nel 1929 e uno nel 1930, firmato da Robert Desnos in aperta polemica con Breton. Sono anni di scontri e litigi, di riavvicinamenti e di rotture fra i surrealisti. Breton ritorna alla psicologia e nel 1928 scrive Nadja, una fra le sue opere più importanti, pubblicato nel 1963 in edizione definitiva. Nel frattempo si è già sposato tre volte e si è avvicinato al comunismo e a Lev Trotsky, che conosce in Messico, dov’è in esilio; organizza mostre surrealiste in tutta Europa e ce ne sarà una importantissima anche al Moma di New York nel 1938, alla quale però Breton non andrà.

«Miscelando le aspirazioni di Marx (“Trasformare il mondo”) e di Rimbaud (“Cambiare la vita”) in un cocktail spericolato, quella galassia poetica rappresentò l’ assolutamente nuovo che irrompe nel linguaggio, nello psichismo, nei comportamenti amorosi, nel modo di guardare e vivere le metropoli. Nell’interludio tra il mattatoio della Grande guerra e l’apocalisse della successiva, fu un coraggioso, disperato tentativo di rendere magica una modernità che si andava “alienando” e precipitava verso la perdizione. Anche per questo il surrealismo calamitò a sé alcune tra le menti migliori di una e più generazioni» (Marco Cicala, Rivolta e poesia del Papa del surrealismo André Breton).

Sono anni duri, il nazifascismo avanza in Europa e Breton torna a fare il medico al fronte; quando i nazisti occupano la Francia il suo nome è nella lista dei sovversivi comunisti, e Breton parte per il sud della Francia, si imbarca per Martinica e poi va a New York, dove vive senza mai voler imparare l’inglese; tornerà in Francia nel ’46 con la sua quarta moglie, ma tutto è cambiato, e il surrealismo ha perduto vis polemica, freschezza e compagni di strada. Negli ultimi anni Breton si interessa soprattutto di Art Brut, assieme a Jean Dubuffet; scrive su riviste e lavora alla sua ultima grande opera, l’Art Magique, pubblicata nel 1957.

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