LA DATA

2 agosto 1980

Il 2 agosto del 1980, alle 10.25 di mattina, un’esplosione potentissima squassò la sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, facendo crollare l’ala ovest dell’edificio.

Era sabato, la sala d’attesa e il binario 1 di fronte erano gremiti di persone che partivano per le ferie d’agosto, c’era anche un treno in sosta.

La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta “Compound B”, potenziata da 18 kg di gelatinato (nitroglicerina a uso civile); la misero nella posizione adatta a fare il maggior danno possibile, e ne comandarono l’esplosione a distanza: i morti furono 85, i feriti 200. La lista dei nomi di queste ottantacinque persone, con la loro età scritta accanto, è pubblicata on line in più luoghi, ed è incisa nella lapide in memoria della strage, nella stazione di Bologna.

Si chiamavano Antonella Ceci, 19, Angela Marino, 23, Leo Luca Marino, 24, Domenica Marino, 26, Errica Frigerio, 57, Vito Diomede Fresa, 62, Cesare Francesco Diomede Fresa, 14, Anna Maria Bosio, 28, Carlo Mauri, 32, Luca Mauri, 6, Eckhardt Mader, 14, Margret Rohrs, 39, Kai Mader, 8, Sonia Burri, 7, Patrizia Messineo, 18, Silvana Serravalli, 34, Manuela Gallon, 11, Natalia Agostini, 40, Marina Antonella Trolese, 16, Anna Maria Salvagnini, 51, Roberto De Marchi, 21, Elisabetta Manea, 60, Eleonora Geraci, 46, Vittorio Vaccaro, 24, Velia Carli, 50, Salvatore Lauro, 57, Paolo Zecchi, 23, Viviana Bugamelli, 23, Catherine Helen Mitchell, 22, John Andrew Kolpinski, 22, Angela Fresu, 3, Maria Fresu, 24, Loredana Molina, 44, Angelica Tarsi, 72, Katia Bertasi, 34, Mirella Fornasari, 36, Euridia Bergianti, 49, Nilla Natali, 25, Franca Dall’Olio, 20, Rita Verde, 23, Flavia Casadei, 18, Giuseppe Patruno, 18, Rossella Marceddu, 19, Davide Caprioli, 20, Vito Ales, 20,    Iwao Sekiguchi, 20, Brigitte Drouhard, 21, Roberto Procelli, 21, Mauro Alganon, 22, Maria Angela Marangon, 22, Verdiana Bivona, 22, Francisco Gómez Martínez, 23, Mauro Di Vittorio, 24, Sergio Secci, 24, Roberto Gaiola, 25, Angelo Priore, 26, Onofrio Zappalà, 27, Pio Carmine Remollino, 31, Gaetano Roda, 31, Antonino Di Paola, 32, Mirco Castellaro, 33, Nazzareno Basso, 33, Vincenzo Petteni, 34, Salvatore Seminara, 34, Carla Gozzi, 36, Umberto Lugli, 38, Fausto Venturi, 38, Argeo Bonora, 42, Francesco Betti, 44, Mario Sica, 44, Pier Francesco Laurenti, 44, Paolino Bianchi, 50, Vincenzina Sala, 50, Berta Ebner, 50, Vincenzo Lanconelli, 51, Lina Ferretti, 53, Romeo Ruozi, 54, Amorveno Marzagalli, 54, Antonio Francesco Lascala, 56, Rosina Barbaro, 58, Irene Breton, 61, Pietro Galassi, 66, Lidia Olla, 67, Maria Idria Avati, 80, Antonio Montanari, 86. Se volete sapere le loro storie, le trovate qui.

La città reagì compatta, senza farsi intimidire, fin dal primo istante. Moltissimi medici e infermieri tornarono immediatamente dalle ferie, i reparti chiusi degli ospedali vennero riaperti, molti cittadini accorsero a prestare soccorso – qualcuno uscì di corsa, con le mani fra i capelli – e dopo andarono nelle piazze, all’epoca ancora luogo di incontro e di partecipazione.

Oltre mezzo milione di persone gremiva la piazza il 6 agosto, per i funerali solenni; arrivò il presidente Pertini, lasciò che il sindaco tenesse il suo discorso senza volerlo vedere prima, come avrebbe voluto il protocollo. Nel discorso di Renato Zangheri, sindaco di Bologna, c’è questa frase tristemente premonitrice: «Questi corpi straziati chiedono giustizia, senza la quale sarebbe difficile salvare la Repubblica» (tutto il discorso è pubblicato qui).

La giustizia chiesta dai corpi straziati è stata tutta in salita, la vicenda processuale intricata e lunghissima, loschi figuri di contorno hanno depistato con ogni genere di delazione, di confidenza, di falsità: avanzi di galera, terroristi, uomini politici, uomini dello Stato, massoni, mafiosi e assassini.

Sono stati in pochi a non avere teorie sui motivi e i mandanti della strage di Bologna, per la quale sono stati condannati in via definitiva in tre, quali esecutori materiali dell’attentato: i neofascisti dei NAR Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti, con la sentenza della Cassazione del 23 novembre 1995, e Luigi Ciavardini, condannato a trent’anni in Cassazione l’11 aprile 2007, che si dichiara innocente anche lui.

Molte, invece, le persone indagate e poi anche condannate per depistaggio, da l’ex capo della P2 Licio Gelli agli ufficiali del Sismi Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, il faccendiere e collaboratore del Sismi Francesco Pazienza, quel Massimo Carminati, estremista di destra, tornato in pista con Mafia capitale, Federigo Mannucci Benincasa, ex direttore del Sismi di Firenze, e Ivano Bongiovanni, delinquente comune legato alla destra extraparlamentare.

La ricerca dei colpevoli e dei mandanti è stata lunga, sfinente, sfilacciata, continuamente depistata; nonostante gli sforzi costanti dell’associazione dei parenti delle vittime, soprattutto per l’abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo, quella giustizia di cui parlava Zangheri 37 anni fa è rimasta incompleta, parziale, insoddisfacente, ottantacinque persone sono morte senza alcun motivo e la Repubblica è sempre più difficile da salvare.