LA DATA

30 maggio 1778

Aveva oltre ottant’anni quando morì, il signor Francois-Marie Arouet, in arte Voltaire: era il 30 maggio 1778, e la sua lunga e prolifica vita la passò tutta sulla cresta dell’onda.

Fino a qualche anno fa, quando la politica era più polically correct, veniva continuamente citata come sua la frase: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire», che pare non abbia mai pronunciato.

Nato e cresciuto a Parigi, Voltaire era figlio di un notaio, ma di studiare legge non ne volle sapere, e il padre fu la prima autorità con la quale entrò in un duraturo e radicale contrasto. La sua frequentazione dei salotti della nobiltà parigina gli fece subito capire che ai nobili il senso dell’umorismo faceva difetto; certi suoi frizzi e lazzi in versi li facevano andare su tutte le furie. Perciò da Parigi fu allontanato una prima volta nel 1716 e condannato all’esilio, mentre poco dopo assaggiò anche il rigore della Bastiglia per un anno intero, per aver prodotto versi irriverenti contro il reggente di Francia Filippo d’Orléans.

Sfuggire ai guai giudiziari che i suoi scritti gli procuravano diventò una costante, uno slalom che corse tutta la vita, ma si fece più astuto e trovò di volta in volta il sistema di scrivere ciò che gli pareva senza incorrere nuovamente nei ceppi della galera. In compenso passò in giro per il mondo ventotto anni della sua vita, senza mai smettere di polemizzare contro le varie forme di oppressione politica e di intolleranza religiosa, contro la superstizione, contro il fanatismo.

Dopo il soggiorno alla Bastiglia fu esiliato in Inghilterra, dove rimase per tre anni, sperimentando quella libertà di espressione che alla Francia assolutista faceva così paura. Qui entrò in contatto con la filosofia di Newton, alla quale dedicherà un costante lavoro di divulgazione. Tornato in Francia, nel 1733 pubblica Le lettere filosofiche, libro considerato il manifesto dell’illuminismo e condannato  dal Parlamento francese ad essere bruciato perché «scandaloso, contrario alla Religione, ai buoni costumi e al rispetto dovuto ai Poteri». Qualche anno dopo piacque altrettanto al potere costituito anche il suo Dizionario Filosofico.

Oltre a molti lavori teatrali, Voltaire scrisse testi di divulgazione scientifica, romanzi, racconti, satire e versi. Grazie all’influenza della marchesa di Pompadour, amante di Luigi XV, fu nominato storiografo di Francia e nel 1746 fu eletto all’Académie Française. Nel 1749 accettò l’invito di Federico II di Prussia, con il quale intratteneva una fitta corrispondenza e che lo considerava un maestro, a trasferirsi alla sua corte. Il soggiorno a Berlino, però, non durò a lungo: lo spirito caustico di Voltaire mal si conciliava con il temperamento del sovrano. La sua opera più famosa continua ad essere Candido o dell’ottimismo, del 1759, racconto filosofico con il quale Voltaire vuol confutare le teorie ottimistiche di Leibniz: noi non viviamo affatto nel migliore dei mondi possibili, anzi abbiamo molto ma molto da fare.

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