LA PAROLA

Devasto

Il termine devasto deriva dal verbo devastare, ovvero distruggere, annientare, rovinare, ma anche fare confusione. Nel gergo dei giovani, è entrato in uso non tanto come prima persona singolare dell’indicativo presente del verbo devastare, ma come sostantivo: devasto, appunto.

Il verbo devastare nasce dal latino vastare, utilizzato per descrivere, ad esempio, il passaggio dei barbari nei campi coltivati per arrivare in città, razziando e spogliando nel percorso ogni parte del suolo calpestato. Può essere interpretato anche come desertificare un terreno, tanto che non possa più crescere null’altro che sterpi. Si diceva, infatti, del famigerato condottiero degli Unni, Attila, che dove passava lui non cresceva più neanche l’erba.

Nell’universo giovanile, il termine devasto ha assunto il significato di caos, delirio, distruzione e – strano a dirsi! – può assumere, in certi contesti, anche un valore positivo. Con accezione negativa e più strettamente correlata al lessema di partenza, si dice, ad esempio, «che devasto in camera tua, guarda che io non ci metto le mani!»; ad indicare una tale confusione che sembra passato un uragano a scagliare in aria fumetti, indumenti e cartacce di snack consumati in notturna, abbandonati sotto il letto prima dell’arrivo della mamma a rimettere in ordine. Viceversa, se un ragazzo, a proposito di una serata di festeggiamenti, prorompe in un eccitato «questa festa è stata un devasto totale!», vorrà dire che si è divertito un mondo e che tutto il caos e il disordine lo hanno mandato in visibilio. Connesso a questo nuovo significato di devasto, c’è anche delirio, utilizzato nei medesimi contesti, sempre a evidenziare un evento estremamente piacevole, accompagnato magari da emozioni forti e un putiferio incredibile.

Un po’ come dire «che pazzia comprare questo vestito!», alludendo al fatto che il prezzo è assai alto, ma che acquistarlo è stato eccitante e fuori dall’ordinario. Come dicevano i saggi latini, «semel in anno lecit insanire». Il che ha una sua logica, perché fare qualcosa di folle senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, ma concentrandosi sul brivido di esaltazione e frenesia provato sul momento, una volta ogni tanto ci può stare, sempre che sia legale, ovvio. Vale la pena, a questo proposito, rileggere la parola follia su TESSERE.

Questo messaggio forse dovrebbe farsi spazio un po’ di più nelle vedute dei giovani, per i quali il devasto, in questo caso non sempre d’accordo con la legge e scevro da pericoli, diventa una pratica quasi ordinaria e fin troppo scontata, che rischia di perdere l’eccezionalità che la rende una cosa speciale.

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