LA DATA

4 agosto 1974

«Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare […] seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti». Queste le parole del volantino che rivendicava l’attentato al treno Italicus Roma – Monaco di Baviera nella notte del 4 agosto 1974: attorno all’una, all’uscita dalla galleria degli Appennini, nei pressi della stazione di San Benedetto Val di Sambro (BO), un ordigno ad alto potenziale esplose nella quinta vettura del treno, causando la morte di dodici persone e 44 feriti.

Così la racconta il giornalista Mario Doplicher«Avrebbe potuto essere una strage spaventosa, uno dei più apocalittici massacri che una mente criminale abbia mai ordito: la bomba era disposta su un treno che correva in una notte afosa d’agosto trasportando quasi mille persone; come camera di scoppio era stata scelta la galleria dell’Appennino, che con i suoi diciotto chilometri e mezzo avrebbe moltiplicato e ingigantito gli effetti dell’esplosione; (…) Invece, per fortuna, il treno, come spesso accade d’estate, è in ritardo, e alle 1,23, quando avviene lo scoppio, la quinta vettura – una carrozza delle ferrovie tedesche su cui era stato sistemato l’ordigno – si trova a soli cinquanta metri dall’uscita della galleria. Così, grazie alla forza d’inerzia il treno riesce a raggiungere la stazioncina di San Benedetto Val di Sambro con una sola carrozza in fiamme. Ma quei cinquanta metri sono cinquanta metri d’inferno: dodici persone rimangono carbonizzate passando in un attimo dal sonno alla morte, decine rimangono ferite, altre ancora in preda al terrore, si gettano dai finestrini e si trascinano sanguinanti sui bordi della massicciata. (…) Il capostazione di San Benedetto dà l’allarme, accorrono altri ferrovieri svegliati dal boato, vengono organizzati i primi soccorsi alla luce sinistra dell’incendio e delle lunghe scintille azzurre provocate dalla caduta della linea ad alta tensione. I feriti più gravi vengono inviati a Bologna a tempo di record: alcuni di loro, se sopravviveranno, rimarranno ciechi per sempre; altri rimarranno orrendamente sfigurati.
I fascisti, gli strateghi della tensione, anche se non sono riusciti a provocare l’apocalittica strage che avevano programmato, possono vantarsi di aver celebrato degnamente il quinto anniversario della loro offensiva omicida: fu infatti il 9 agosto 1969 che su sette treni scoppiarono quasi contemporaneamente altrettanti ordigni esplosivi. Di questi attentati sono oggi imputati i fascisti Freda e Ventura, gli stessi della Banca dell’Agricoltura. Da allora in Italia ci sono stati altri 400 attentati con 60 morti e centinaia di feriti. Quello perpetrato la notte di sabato sulla Firenze-Bologna è uno dei più gravi e più sanguinosi. Ci vogliono quattordici ore per riattivare parzialmente la linea. Quando i treni nel pomeriggio di domenica riprendono a circolare, passando davanti al tragico vagone rallentano procedendo quasi a passo d’uomo: i finestrini sono gremiti di gente che ha saputo, che vuol vedere. Molti occhi si riempiono di lacrime. (…)». (Giorni – Vie Nuove 14.8.74).

I processi per la strage hanno avuto esiti diversi. Gli imputati, appartenenti a gruppi dell’estremismo di destra aretino, furono dapprima assolti per insufficienza di prove, poi condannati in appello e, infine, definitivamente assolti nel 1993. Uno degli imputati si renderà peraltro autore, durante le indagini sulla strage, degli omicidi del brigadiere Leonardo Falco e dell’appuntato Giovanni Ceravolo che stavano perquisendo la sua casa, e dopo l’arresto per tali delitti, anche dell’omicidio di uno degli imputati che in primo grado erano stati condannati per la strage di piazza della Loggia a Brescia, e che sembrava disposto a collaborare. Lo stesso estremista sarà l’autore di un documento nel quale si sottolinea la necessità di portare avanti una «lotta nazionale rivoluzionaria volta a disarticolare il sistema»: documento che, nelle sentenze, sarà considerato fonte ispiratrice dell’operato dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar), gruppo di destra eversiva costituitosi negli anni successivi e del quale faranno parte anche soggetti condannati in via definitiva per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

La Corte di Cassazione, pur confermando l’assoluzione degli estremisti di Arezzo per la strage sul treno Italicus, ha peraltro stabilito che l’area alla quale poteva essere fatta risalire la matrice degli attentati era «da identificare in quella di gruppi eversivi della destra neofascista». A simile conclusione era pervenuta anche la relazione di maggioranza della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica “Propaganda 2” (più nota come P2), richiamata anche in elaborati della Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi. Secondo tale relazione, inoltre, la organizzazione terroristica «di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana», cui la strage era ascrivibile, era stata indotta al compimento di attentati dalla «opera di istigazione» svolta dalla predetta associazione segreta; questa era perciò «gravemente coinvolta» nella strage e poteva «considerarsene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale».

Nonostante tutto questo, la strage dell’Italicus è rimasta senza colpevoli.