LA DATA

7 luglio 1960

«Compagno cittadino fratello partigiano/teniamoci per mano in questi giorni tristi/ Di nuovo a Reggio Emilia di nuovo là in Sicilia/…. Di nuovo come un tempo sopra l’Italia intera/Fischia il vento infuria la bufera…/ Ed il nemico attuale è sempre ancora eguale/a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna/ Uguale la canzone che abbiamo da cantare/ Scarpe rotte eppur bisogna andare/ Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli e voi Marino Serri, Reverberi e Farioli/ Dovremo tutti quanti aver d’ora in avanti/ voialtri al nostro fianco per non sentirci soli/ Morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa/ fuori a cantar con noi Bandiera Rossa!»

Anno di lutti e di dolori, quel lontanissimo 1960. Così Fausto Amodei, nella canzone Per i morti di Reggio Emilia, celebra i cinque operai che ad una manifestazione sindacale rimasero uccisi durante gli scontri con le forze dell’ordine. Fu una strage e così viene ricordata, tanto che in città oggi c’è “Piazza Martiri del 7 luglio”.

Erano tutti iscritti al PCI quegli operai reggiani barbaramente trucidati: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli. Vittime di una furia cieca figlia di una tensione altissima che pervadeva l’Italia intera, fatta di provocazioni e scontri, violenze e diritti calpestati. Per chi ancora s’appassiona di storia, erano i tempi del governo democristiano Tambroni appoggiato dai fascisti del MSI e la folle scelta di Genova, città partigiana per antonomasia e già Medaglia d’Oro della Resistenza, come sede del congresso missino.

Le manifestazioni di protesta si scatenarono ovunque; la gente, guidata dal PCI e dai sindacati, scese in piazza. Tambroni diede il via libera ad aprire il fuoco in “situazioni di emergenza”: undici furono i morti alla conclusione di quelle tragiche settimane, centinaia i feriti. Tambroni fu costretto a lasciare.

Reggio Emilia, ancora oggi è considerata una delle pagine più nere della storia italiana. Allo sciopero indetto dalla CGIL parteciparono in 20.000. La prefettura aveva proibito gli assembramenti nei luoghi pubblici e concesso solo i 600 posti della Sala Verdi per lo svolgimento del comizio. Un gruppo di circa 300 operai delle Officine Meccaniche Reggiane, a metà pomeriggio, decise di raccogliersi davanti al monumento ai Caduti, cantando canzoni di protesta. Una carica di un reparto di 350 poliziotti, spalleggiati dai Carabinieri, investì gli operai. I manifestanti cercarono rifugio nel vicino isolato San Rocco, per poi barricarsi dietro  seggiole, assi di legno, tavoli dei bar e rispondendo alle cariche con lancio di oggetti. Respinte dalla disperata resistenza dei manifestanti, le forze dell’ordine aprirono il fuoco. Furono sparati 182 colpi di mitra, 14 di moschetto e 39 di pistola.

Le vittime:  Lauro Farioli, operaio di 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino;  Ovidio Franchi, operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti;  Marino Serri, pastore di 41 anni, partigiano della 76a, primo di sei fratelli;  Afro Tondelli, operaio di 36 anni, partigiano della 76a SAP, quinto di otto fratelli;  Emilio Reverberi , operaio di 39 anni, partigiano nella 144a Brigata Garibaldi, commissario politico nel distaccamento “G. Amendola”.

Oltre che dalla celebre canzone di Fausto Amodei, la strage di Reggio Emilia è ricordata nel romanzo di Paolo Nori del 2006 Noi la farem vendetta, nella canzone Bufera del gruppo Giardini di Mirò (2010) e in Piccola Storia Ultras del gruppo musicale reggiano Offlaga Disco Pax (2012).