LA PAROLA

Aforisma

È sempre un percorso affascinante ed illuminante quello attraverso il quale si risale all’origine  linguistica di un concetto, anche piuttosto complesso ed in continua evoluzione, come quello dell’aforisma. I greci, ad esempio, parlavano di horizon (orizzonte) per indicare quella linea sottile che separa il cielo dal mare e che quindi distingue idealmente i due fenomeni naturali e al tempo stesso li delimita. L’orizzonte era per loro la definizione immediata e breve dell’infinito, proprio come può essere un aforisma.

Aforisma, quindi, dal greco aphorismós (definizione, delimitazione, orizzonte) è una proposizione breve, immediata, proprio come una linea di confine, ma dal contenuto intenso, che racchiude in sé un concetto universale, cioè dalla veridicità indiscutibile.

Volendo ragionare in termini di metafora si potrebbe dedurre che un aforisma, specie se ben formulato e costruito, estrapoli dall’infinito un’idea, e la delimiti in una breve formulazione linguistica che abbia la capacità di dimostrarla sul piano reale. I due aspetti fondamentali e complementari, infatti, che fanno di una semplice massima, frase o espressione, un aforisma, sono proprio l’oggettività del concetto espresso e la sua radice individuale, in quanto un aforisma vero e proprio nasce sempre da solitarie considerazioni e riflessioni oppure è frutto di studi personali.

Volendo tracciare una breve storia dell’evoluzione dell’aforisma in tutti i suoi aspetti e dell’uso che ne è stato fatto nel corso dei vari secoli, è opportuno partire dalla prima volta in cui essi, nella storia della letteratura, sono stati denominati tali e cioè dalle prime raccolte delle cosiddette “forme brevi” di Ippocrate, il cui nucleo originario risale intorno al 415 a.c., pubblicate solo nel corso del 1700, con il nome, appunto di aforismi.

Gli aforismi di Ippocrate erano brevi enunciati dal fondamento scientifico in campo medico e si avvalevano delle caratteristiche tipiche di questa modalità espressiva, ovverossia la brevità, la semplicità, la dimostrabilità sul piano direttamente esperienziale, per essere utilizzati non solo come fonte di conoscenza, ma anche come consigli, ammonimenti, riferimenti utili per il benessere e la salute degli individui: «Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo».

Questa formula infatti, grazie alla sua semplicità interpretativa poteva essere alla portata di tutti e quindi rappresentava un efficace ponte di comunicazione tra la complessità del contenuto scientifico, e la sua acquisizione da parte della coscienza comune. Per questo motivo, l’utilizzo dell’aforisma si estese poi anche ad altri ambiti della conoscenza, come quello astrologico, politico, filosofico, storico, fino ad essere riconosciuto sempre più come una particolare attitudine ad esprimere in maniera condensata ma completa  un pensiero di qualsiasi natura e finalità formulato da chiunque volesse cimentarsi in questa sorta di sfida linguistica.

Un aforisma infatti, che sia tale in tutte le sue specifiche caratteristiche e che sia anche ulteriormente impreziosito da ingredienti stimolanti come l’ironia, il gioco di parole, il sarcasmo, il surrealismo espositivo pur essendo inconfutabile sul piano reale e l’eventuale effetto sorpresa, non è cosa da tutti, ma un privilegio destinato a soddisfare l’esigenza creativa delle menti più acute. Non è un caso, appunto, che gli aforismi più o meno celebri e che vengono ripetutamente citati all’uopo nei più svariati contesti ed ambiti non solo propriamente culturali, siano frutto dell’abilità dei più importanti protagonisti della cultura di tutto il mondo, in tutte le sue competenze, dalle origini fino ai nostri giorni. Il territorio è talmente ampio e sconfinato che solo a volerne citare qualcuno si peccherebbe inesorabilmente di approssimazione riduttiva.

Gli argomenti, che sono stati più frequentemente oggetto degli aforismi nel corso dei secoli vanno dai vizi e le virtù dell’uomo alla misoginia, dalle contrarietà nei rapporti privati alle esaltazioni delle emozioni, dalle elucubrazioni filosofiche alle manifestazioni di natura politica, dai paradossi della vita alle celebrazioni delle meraviglie dell’esistenza, dalla dissacrazione provocatoria dei luoghi comuni più banali, alla sacralità di particolari generalmente discriminati dall’attenzione generale.

Successivamente, poi, con il progressivo diffondersi dell’editoria di massa, le raccolte di aforismi, o talvolta presunti tali, si sono in particolar modo moltiplicate. Le tematiche contemplate sono diventate le più svariate e in prevalenza si è preferita una formula ironica, più al passo con i tempi e più conferme alle nuove mode e tendenze linguistiche. La finalità di far ridere o sorridere sembra quindi essere diventata primaria rispetto alla necessità di voler esprimere un’idea, un concetto, una considerazione profonda e quindi in molti casi non viene soddisfatto il requisito primario di un aforisma in senso letterale che resta quello di contenere considerazioni fondate  e dalla validità oggettiva. A tal proposito Umberto Eco, parlava anche di aforismi “cancrizzabili”: «Un aforisma cancrizzabile è una malattia della tendenza al wit, in altre parola una massima che pur di apparire spiritosa, non si preoccupa del fatto che il suo opposto sia ugualmente vero».

Non si può parlare quindi di aforisma se non si enuncia in qualche modo una verità capace di restare immutata oltre i limiti del tempo e dello spazio, ma è interessante anche considerare che, nel mare in cui si perdono le citazioni di ogni genere e finalità, non sempre risulta facile individuare e cogliere questo dettaglio così arguto e raffinato.

E sempre nell’era più moderna, un’altra corrente aforistica, se così la si può definire, che è andata via via affermandosi e rinforzandosi,  anche grazie all’apporto divulgativo dei social network e del loro utilizzo sempre più spasmodico, è quella delle frasi o pensieri brevi dallo sfondo poetico e passionale che hanno come tema centrale l’amore oppure altre tipologie di sentimenti ed emozioni. Questa tendenza si potrebbe spiegare, da un punto di vista sociale, con la necessità di appagare un bisogno di romanticismo e di stimolazioni emotive ormai sepolte dal disincanto della modernità, ma poi  è conseguentemente accaduto che la loro “viralità” (così si definisce la condivisione a catena da parte degli utenti dei social) sia diventata l’obiettivo primario da raggiungere, al fine di alimentare tutto un circuito di interessi o anche solo di gratificazioni personali che ruota intorno al numero di visualizzazioni e ai rispettivi like.

Tutto questo si discosta enormemente da quella originaria linea di orizzonte dei Greci, dalla sua meravigliosa sobrietà, dalla capacità che essa aveva di stupire, di incantare e di far riflettere, dalla cultura dell’essenziale, dall’intelligenza di una deduzione geniale, dalla poesia che avvolge anche il più grottesco dei pensieri se espresso in una forma autorevole sugellandolo così come perla di saggezza, e facendone luce sul tramonto della bellezza del sapere sopraffino.

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