LA PAROLA

Albergo

Ai giorni nostri l’albergo è un edificio costruito apposta per dare alloggio, e a volte anche vitto, a chi soggiorna temporaneamente in un luogo; anche dimore storiche o palazzi nobili vengono trasformati in alberghi, spesso di lusso. La parola è entrata nell’uso italiano con questo significato nel Seicento; l’avevano però portata i Goti molto prima, assieme alle loro orde di barbari, e deriva dal gotico *haribergo e dal franco heriberga, il cui significato originario è campo militare.

L’albergo più antico del mondo è in Giappone, ha aperto nel 705 d.C. e si chiama Nishiyama Onsen Keiunkan, nella prefettura di Yamanashi; è gestito dalla stessa famiglia da cinquantadue generazioni, si affaccia sul magnifico monte Fuji e naturalmente è nel Guinness dei Primati. Nell’antichità anche i greci e i latini avevano costruito appositi edifici per dare ospitalità presso i santuari o per chi viaggiava per commerci (se volete approfondire la storia dell’albergo nell’antichità, c’è una bella voce della Treccani al riguardo), ma erano costruzioni senza fronzoli, estensioni dell’idea di casa molto spartani, spesso trasandati, diventati pericolosi dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente; l’ospitalità divenne allora prevalentemente appannaggio di enti ecclesiastici, cosa che evitava incontri con gente di malaffare – e forse pure con alcune malattie veneree. Su cimici e pidocchi, invece, poteva poco anche la religione.

Ci sono tanti tipi diversi di alberghi, e di solito vengono divisi per numero di stelle crescente: una sola stella indica un albergo molto economico, che spesso significa anche vecchio, trasandato e mal frequentato; dalle due stelle in poi, se le risorse economiche vi fanno difetto come spesso accade a noi comuni mortali che non vogliamo troppo bene al denaro, potete senz’altro trovare anche qualcosa di decente, spulciando bene la grande Rete.

Certo un tempo non era altrettanto facile accedere alle informazioni sull’ospitalità, e qualche volta si potevano trovare sgradevoli sorprese o per il sonno, o per il portafoglio; per i più sfortunati, anche entrambe le cose. Gli alberghi erano meno diffusi e spesso meno pretenziosi, anche se ora, che tutti fanno i turisti almeno una volta all’anno, l’offerta è incredibilmente moltiplicata e diversificata: c’è il bed & breakfast, l’agriturismo, l’hotel di charme, la pensioncina casalinga, l’arrembaggio dei privati che per tirare a campare attrezzano stanze, e a volte sono i più ospitali di tutti.

Per gli affari si dorme in alberghi che hanno anche sale attrezzate per riunioni e conferenze e ristorante, posti asettici ma molto funzionali; per il sesso unofficial, invece, si continua a frequentare alcuni luoghi dove si spera di non incontrare persone conosciute, ma se succede ognuno starà zitto: alberghi a ore e motel.

Una delle canzoni più tristi di tutti i tempi racconta la storia di due giovani innamorati che decidono di salutare il mondo proprio in un albergo a ore:

Nella lingua arcaica e poetica, invece, albergo significa “sede, dimora”; il verbo cui dà origine, albergare, è usato spesso in poesia sia come verbo transitivo, sia come intransitivo, e lo usano tutti, da Dante a Carducci. Del resto pare che alberghino in noi, a fase alterna, tutti i sentimenti, nonché il divino, perciò chi meglio dei poeti?

E infatti il poeta e mistico Jalal–ud-Din Rumi scrive:

Questo essere umano è un piccolo albergo.
Ogni giorno un nuovo arrivo:
una gioia, una depressione, una meschinità.
Qualche momentanea consapevolezza giunge
come un visitatore inaspettato.
Dà il benvenuto e intrattiene tutti gli altri
anche se essi sono una folla di dispiaceri,
che violentemente scuotono la casa
vuota dei suoi arredi.
Malgrado tutto onora ogni ospite,
la consapevolezza può mettere ordine
e creare spazio
per qualche nuova delizia.
Il pensiero cupo, la vergogna, la malizia
si incontrano alla porta ridendo
e li invita ad entrare.
Sii grato verso chiunque arrivi,
perché ognuno è stato inviato
come una guida dall’aldilà.

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