LA PAROLA

Ancipite

Esiste un aggettivo che esprime più della contraddizione, o se si preferisce, della stessa ambiguità. Questo aggettivo è ancipite, che letteralmente  indica una qualcosa che possiede un doppio aspetto, pertanto, in senso lato rivela una duplicità ambigua.

Ma l’etimo della parola rivela ancora qualcosa in più: ancipite è tutto ciò che si è detto prima, con l’aggiunta del fatto che c’è un riferimento alla testa (dal latino caput). Quindi, una cosa è, probabilmente, qualcosa di consapevolmente ambiguo: due teste, si suppone pensanti, che sanno di essere due in uno.

Si può, infatti, incappare nell’ambiguità o nella contraddizione inconsapevolmente, senza alcuna malizia precostituita,  ma essere “ancipite” possiede in sé la consapevolezza di questa ambivalenza.

La particolarità della testa, appunto, che segnava il destino di una divinità tipicamente romana che non ha un corrispondente in Grecia: Giano bifronte. Mica una divinità da niente, perché egli non era figlio di alcun’altra divinità, come tale era fin dall’origine di ogni cosa, da quando i quattro elementi si separarono tra di loro dando forma ad ogni cosa, almeno così riporta Ovidio.

Il “divo” Giulio Andreotti amava ripetere che diffidava degli oratori che usavano più di due aggettivi di fila nei loro discorsi, per il semplice motivo che in tal modo dimostravano di essere capaci di tutto, quindi, per logica, anche del suo esatto contrario.

Giano Bifronte, divinità simbolo della politica e dell’italianità, tutta pagana e tutta romana, è forse antesignana del patrono nazionale San Francesco? Una domanda cui il divo Giulio si sarebbe potuto cimentare con successo, visto che Giano era anche il dio della Porta e come tale l’unico che conosceva quello che accadeva all’interno e all’esterno di essa…e Giano Andreotti delle porte di certe stanze se ne intendeva.