LA PAROLA

Autismo

L’autismo è un disturbo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale, da deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza d’interessi e comportamenti ripetitivi. I genitori di solito notano i primi segni entro i due anni di vita del bambino e la diagnosi certa spesso può essere fatta entro i trenta mesi di vita.

Descritto così, nella freddezza dei termini scientifici, non viene adeguatamente reso il dramma di chi è colpito da uno dei disturbi dello spettro autistico e dei suoi familiari. Nemmeno bastano splendide e blasonate pellicole, come Rain Man, di Barry Levinson, in cui Dustin Hoffman ha commosso milioni di spettatori nel mondo con la sua superba interpretazione del protagonista, Raymond Babbit. O il più recente Quanto basta, del regista grossetano Francesco Falaschi, nel quale un ragazzo con la sindrome di Asperger, interpretato da un bravissimo Luigi Fedele, ritrova la propria dimensione grazie alla cucina. O ancora il film-documentario Be kind. Un viaggio gentile nel mondo della diversità, della regista Sabrina Paravicini, girato con il figlio Nino, affetto da autismo, presentato proprio in questi giorni.

Vivere e convivere con l’autismo è un dramma che accompagna tutta la vita e che spesso è sottovalutato. Oggi, grazie alla conoscenza della sintomatologie diverse e per la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente, si parla di “Disturbi dello Spettro Autistico” (DSA), che comprendono una serie di patologie o sindromi, che hanno come denominatore comune specifiche caratteristiche comportamentali, sebbene a vari gradi o livelli di intensità.

«L’autismo – si legge su Wikipedia – è un disturbo dello sviluppo neurologico altamente variabile, che inizialmente appare durante l’infanzia e in genere segue un percorso costante senza che vi sia una remissione. Gli individui autistici possono avere alcuni aspetti della propria vita gravemente compromessi, ma altri possono essere normali o addirittura migliori.

I sintomi iniziano lentamente a manifestarsi a partire dall’età di sei mesi, fino ad essere più espliciti dall’età di due o tre anni e continuando ad aumentare fino all’età adulta, anche se spesso in una forma meno evidente.

La condizione si distingue non da un singolo sintomo, ma da una triade di sintomi caratteristici: deficit nell’interazione sociale, deficit nella comunicazione, interessi e comportamenti limitati e ripetitivi. Altri aspetti, come una alimentazione atipica, sono anch’essi comuni, ma non sono essenziali per la diagnosi. I singoli sintomi dell’autismo si possono riscontrare nella popolazione in generale ma perché si possa parlare di patologia è necessario distinguere la situazione per gravità.

I bambini con autismo ad alto funzionamento soffrono di una solitudine più intensa e frequente rispetto ai coetanei non-autistici, nonostante l’erronea credenza comune che i bambini con autismo preferiscano essere soli. Crearsi amicizie e coltivarle si rivela spesso difficoltoso ma la qualità delle amicizie e non il numero di amici, influisce maggiormente sulla solitudine. Amicizie funzionali, quali quelle che scaturiscono da inviti alle feste o da attività sociali, possono influire più incisivamente sulla qualità della vita»