AMORE E DINTORNI VISIONI

Brividi medievali

Più che altro noto per aver introdotto nella scrittura musicale l’utilizzo delle lettere dalla A alla G per indicare la successione dei suoni dal La al Sol – notazione tuttora impiegata nei paesi anglosassoni – l’abate Oddone dell’abbazia di Cluny (Le Mans, 878 circa – Tours, 18 novembre 942) – più noto appunto come Oddone di Cluny e venerato come santo dalla Chiesa cattolica – fu un importante artefice di quel movimento di riforma ecclesiale dell’alto Medioevo che va sotto il nome di riforma cluniacense e che interessò prima l’ordine benedettino e poi l’intera Chiesa cattolica.

Autore di numerosi testi, si occupò in uno di essi – stando a quanto riporta un articolo intitolato La sessualità nel Medioevo: X secolo dello storico Gabriele C. Zweilawyer, tratto dal suo sito Zhistorica, prevalentemente basato sul libro Una sera dell’Anno Mille di Glauco Maria Cantarella – del comportamento sessuale dei suoi fedeli, ponendo una serie di interrogativi che rivelano come ci si dilettasse all’alba dell’anno Mille – ovvero sia più di dieci secoli fa, poco prima che l’annunciata apocalisse spazzasse via tutto, di fatto non spazzando via niente – quando, finito di lavorare duramente la terra che non sempre dava i suoi frutti, accudito il bestiame, svolte le faccende domestiche, elevato al cielo le proprie preghiere e poco altro, ci si dilettava come si poteva, in ciò mostrando che da ben prima, ed allora ancora, le fantasie erotiche ed il loro perseguimento nella vita reale, fossero di gran moda, costumi assai diffusi fra la popolazione, che lo si sapesse o meno.

«Oltre al lavoro – scrive Zweilawyer – non è che ci fossero tanti svaghi. Niente tv, dvd, videogames, libri (c’erano pochi libri e pochissimi capaci di leggere), bagni rilassanti, ipod, ipad (non sarebbe servito a nulla neanche a quei tempi) e chi più ne ha più ne metta. Insomma, a parte qualche festa paesana, i racconti dei familiari e poco altro non c’era molto da fare. A eccezione del sesso».

Il fatto che tutto ciò venisse visto «come un peccato osceno, mostruoso», o che chiunque fosse sospettato di azzardare pratiche licenziose venisse «intrattenuto da zelanti torturatori, sempre pronti a trasformare turgidi membri in salsicce masticate, e gettato sul rogo senza tanti complimenti», non toglie, anzi afferma, che tutto ciò fosse realtà, anzi talmente diffusa che qualcuno, come l’abate, sentisse il bisogno di rampognarla.

Chiedeva inquisitorio l’abate al suo devoto fedele: «Hai posseduto tua moglie o altra donna more canino? Hai avuto rapporti sessuali durante le mestruazioni? Hai avuto rapporti con tua sorella o tua zia? Hai forse avuto rapporti omosessuali? Hai esercitato la sessualità con un maschio, mimando, come fanno alcuni, l’atto sessuale fra le sue cosce? Ti sei dato all’onanismo reciproco, fino all’appagamento sessuale? Hai forse ricercato la soddisfazione sessuale servendoti di una cavità lignea o altro?»

Ma tu guarda quanta fantasia in quello che vien considerato il secolo buio per eccellenza!

Ben si spiega così che, per chi ci credesse, se una punizione – come facevano i fulmini di Zeus qualche millennio prima di là dall’Adriatico – dovesse giungere dall’alto per tali trasgressioni, essa sarebbe stata così drastica da incenerirsi l’intero genere umano.

Sì, perché pastori e commercianti, casalinghe e studenti, artigiani e ragazzi di bottega, servette e seminaristi, s’ingegnavano alla belle e meglio al punto da indurre l’abate a chieder loro: «hai avuto rapporti contro natura, unendoti ad un maschio o addirittura con animali, quali cavalle, giovenche o asine?»

A quanti appartenevano al suo stesso sesso domandava se avessero fatto «uso femminile della carne maschile», ovvero sia, è facile comprenderlo, avessero praticato la penetrazione fra due uomini, e magari con una tal foga che «un maschio nitrisca di voglia per un maschio». Sentenziava allora il prelato: «Questo è più grave dello stupro».

Già, chiosa Zweilawyer: «meglio stuprare qualche giovinetta adolescente, piuttosto che “nitrire” il proprio apprezzamento per un robusto marinaretto».

Alle soglie dell’anno Mille c’era meno città e più campagna, e laddove c’è campagna, ci son più animali e la loro presenza nel quotidiano delle genti è assai più ingombrante che ai tempi nostri, perciò quel “nitrire” fa intendere, come già si è visto avesse chiesto prima, che ci si unisse addirittura a «cavalle, giovenche o asine», incuranti di quanto ciò potesse influenzare le proprie condizioni di igiene e salute.

In assenza di quelli, gli animali, e di componenti il genere umano – poco importa quale fosse la loro composizione cromosomica – come s’è visto «una cavità lignea», la fessurina in un platano, la morbida accoglienza di un’indivia o di un radicchio, il turgore di una carota o di una zucchina, per non dir del cetriolo.

Adulteri, dunque, maschi e femmine indistintamente, pronte e pronti a passar di letto, incuranti del climaterio e dei cicli mestruali, e pure omosessuali, ed anche zoofili e dendrofili, per non dire incestuosi, fosse la sorella o lo zio, il genero o la nuora.

Ed anche, giunti all’estremo dell’estrem’unzione – fatto assai più comunemente accetto di quanto non lo sia stato in altre epoche, la nostra compresa, in virtù d’un diverso rapporto con la morte e l’elaborazione del lutto – meno mal disposti nei confronti della salma, meno distaccati dal cadavere, fino ad immaginare come possibile, dice Oddone, la «fornicazione fra i polpacci o i piedi», in quella che noi oggi chiamiamo necrofilia.

Eccoli qua i nostri predecessori del Medioevo, i quali, stando a quanto chiede Oddone, in mancanza d’altro, s’ingegnavano con la tecnologia, per quanto rudimentale fosse: «Ti sei forse comportata anche tu come alcune donne che si fanno oggetti e altri marchingegni a mo’ di membro virile? Li hai adattati alle tue o altrui intimità per provare piacere con altre donnacce o esserne da queste posseduta? Anche tu ti sei comportata come alcune donne che provano piacere da sole? Anche tu ti sei comportata come altre donne che, per soddisfare le loro pruriginose voglie, si uniscono fra loro per fare l’amore? Anche tu ti sei comportata come alcune donne che provano piacere sessuale ponendo il loro bambino sulle parti intime, quasi a mimare l’atto sessuale? Anche tu ti sei comportata come quelle donne che, stese sotto un animale, si servono di qualsiasi tecnica per avere con lo stesso un rapporto sessuale?»

Ed aggiunge l’ecclesiastico: «Hai fatto quello che alcune donne hanno l’abitudine di fare, e cioè: prendono un pesce vivo e se lo introducono nel sesso fino a che esso non muoia, per poi cuocerlo e darlo da mangiare ai mariti (come filtro d’amore)».

Un omaggio all’antica parabola, quella della moltiplicazione dei pani e dei pesci, o, comunque, del loro impiego.

Così giunti in cucina ci s’imbatte ovviamente anche nelle zuppe e nei decotti. Che fossero spezie od erbe magiche, fa poca distinzione, filtri, pozioni ed altre magie erano a portata di mano: «Hai bevuto del sangue o del seme di tuo marito, affinché lui ti ami di più?… Hai fatto quello che alcune donne hanno l’abitudine di fare, e cioè: si stendono bocconi a terra con le natiche scoperte e ordinano che si faccia il pane sui loro fianchi nudi; poi, cotto quel pane, lo danno da mangiare ai mariti, perché le amino di più?»

Che intrugli, che pastrocchi, un’orgia di sapori e saperi, oculatamente mirata ad evitar sprechi e sperperi in un’epoca di non eccessive risorse, di miseria diffusa e carestie incombenti.

Per Oddone tutto ciò era peccato. Per quanti vivevano intorno al suo monastero, il pane quotidiano, che a volte c’era e a volte no. Parrà misera tal umanità , ma è quella che ci ha preceduto, da cui discendiamo. Potremo anche esser cresciuti ed aver spiccato il volo, ma di lì veniamo. Ricordarcelo non ci fa male.

Nota: La maggior parte delle immagini sono tratte dall’articolo di Gabriele C. Zweilawyer.

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