LA PAROLA

Castagno

Domani, 21 settembre, è il primo giorno d’autunno e l’imponente albero di castagno ci regala uno dei frutti più prelibati di questa stagione: le castagne che, come le foglie colorate, in questo periodo, di spettacolari sfumature, costituiscono senza dubbio una tra le immagini che maggiormente connotano questo periodo dell’anno.

L’albero di castagno ha origini antichissime, diffuso ben prima della comparsa dell’uomo. Il suo sfruttamento intensivo prese, però, inizio intorno all’anno Mille, quando, anche in virtù del veloce incremento della popolazione che aveva bisogno di essere sfamata, si incominciarono ad innestare i castagni selvatici che crescevano spontanei nei boschi, per introdurne nuove varietà dai frutti più grandi e saporiti.

La coltura del castagno, “l’albero del pane”, come anticamente veniva chiamato è stata una risorsa primaria indispensabile alla vita delle popolazioni povere della montagna, caratterizzandone anche il territorio. Chi possedeva un castagneto era considerato una persona fortunata e ricca. Negli anni in cui la campagna veniva colpita da grande siccità o da abbondanti piogge e grandinate, i raccolti erano ridotti e non sufficienti a sfamare le famiglie contadine, in genere assai numerose, che non sarebbero sopravvissute nel lungo inverno se non ci fossero stati i frutti del castagno.

Quando nei periodi di carestia veniva a mancare il grano, per fare pane si utilizzava un po’ di farina di castagne (meno preziosa ma più nutriente), ma molteplici erano i modi di consumare castagne e marroni: potevano essere mangiate fresche, arrostite al fuoco (durante le veglie), lessate e pelate e poi messe in scodelle con latte o riso, oppure bollite con la buccia. Ma la maggior parte si facevano seccare al sole, al forno o nei seccatoi, per conservarle tutto l’anno.

Dai rami del castagno i contadini ricavavano cerchi da botte e pali, utilizzati in particolare nei vigneti, per ottenere i quali si applicava una tecnica di potatura tale da ottenere produzione di rami dritti e sottili. Del prezioso castagno tutto veniva utilizzato. Le radici si usavano nei lavori da ebanista, la corteccia nella concia delle pelli, mentre da schegge e segatura, messe in fusione, si ricavava l’inchiostro. Le muffe che crescono intorno all’albero di castagno erano un medicamento per ferite e tagli.

Gli statuti comunali dei paesi di montagna in tutta Italia testimoniano l’importanza fondamentale del castagno nell’economia rurale, dove venivano regolate strettamente le modalità di sfruttamento.

A partire dal XVIII secolo, quando si iniziò a usare il mais e la patata, la diffusione dei castagneti diminuì, anche se nelle regioni collinari i frutti del castagno rappresentavano ancora un prodotto di estrema importanza, almeno fino alla metà del secolo scorso, quando con la fine della mezzadria e l’abbandono delle campagne anche il castagno fu messo da parte.

 

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